Between Nothingness and Eternity
La potenza del suono della band è trasportata sul palco durante le esibizioni live, dove il gruppo dimostra tutta la sua bravura esecutiva. L’affiatamento fra i musicisti è totale e si traduce in una omogeneità quasi sinfonica nel perfetto sincronismo degli interventi d’assieme. Ne è un esempio Between Nothingness and Eternity un disco live di inediti registrato a New York nel 1973, una miscela di tecnica, trasporto, potenza e spiritualità mai raggiunte dall’ensemble. Il disco contiene solo tre brani ma i musicisti appaiono a loro agio nel suonare, elaborare ed interagire tra loro nelle lunghe parti di ogni brano. Dreams è un brano di quasi 22’ in cui i fraseggi dei musicisti sembrano essere pennellate su una tela di un pittore impressionista tanto forti sono le sensazioni che essi riescono a trasmettere. E’ un’alternarsi di movimenti lenti e veloci, di repentini passaggi agli assoli spesso distorti di tutti gli strumenti che si rincorrono e si integrano tra loro.
Poco dopo Cobham abbandona la band come anche Hammer, Goodman e Laird, tutti interessati a carriere solistiche o ad altre esperienze: al loro posto vengono reclutati Jean-Luc Ponty, virtuoso violinista francese di estrazione jazzistica, la tastierista e cantante Gayle Moran, il contrabbassista Ralphe Armstrong ed il virtuoso Narada Michael Walden alla batteria e alle percussioni. Apocalypse del 1974 è il primo disco della nuova Mahavishnu Orchetsra ed è un progetto ambizioso che coinvolge anche un quartetto di archi della London Sinphony Orchestra alla ricerca di nuove sonorità e sperimentazioni; ma il gruppo ha perso ormai la sua dimensione musicale originaria ed originale ed il risultato appare al di sotto delle aspettative. Il misticismo dei primi album appare più evanescente e la potenza espressiva sembra un ricordo lontano.
Visions of the Emerald Beyond
L’anno successivo la Mahavishnu Orchestra pubblica Visions of the Emerald Beyond un album che farà molto discutere, accolto timidamente dalla critica sebbene McLaughlin lo considererà il migliore prodotto dall’ensamble. Il lavoro contiene un numero elevato di composizioni relativamente brevi (rispetto alle normali composizioni di McLaughlin): tra i temi presentati compaiono alcune tra le melodie più conosciute della band (“Lila’s dance”per esempio), sezioni vocali, sia in forma di coro (nel brano “Eternity’s Breath”), che in funzione solistica (in “Earth Ship” è Walden a cantare); le atmosfere spesso sono mistiche, meditative, create anche grazie a strumenti ad arco (continua, così, l’approccio iniziato in Apocalypse), e si alternano a momenti in cui sono i soliti suoni distorti della chitarra, e l’enfasi continua delle percussioni a prevalere. Le influenze sono molteplici, dall’oriente all’occidente si possono “respirare” idee e arrangiamenti, dai raga indiani a John Coltrane, fino ad arrivare al funk (come nel brano “Can’t Stand Your Funk”), esplorando pressoché illimitatamente le capacità sonore e tecniche di ogni strumento.
Al termine della lavorazione dell’album, Ponty lascia il gruppo, e il violino scompare definitivamente dalla Mahavishnu; al suo posto entra il tastierista Stu Goldberg. La band si incammina su una china discendente e con l’ultimo album Inner Worlds, pubblicato nel 1976 McLaughlin decide di sciogliere definitivamente il gruppo, e continua il suo cammino artistico attraverso una lunga serie di collaborazioni e progetti alternativi.
Le altre collaborazioni musicali musicali
Nonostante i numerosi impegni McLaughlin riesce a realizzare anche progetti paralleli: è il 1973 quando esce Love Devotion Surrender , album inciso in coppia con un altro grande chitarrista, Carlos Santana, dedicato a John Coltrane ed ispirato da Sri Chimnoy del quale anche Santana in quel periodo era diventato discepolo con il nome di Devadip. Delle cinque tracce dell’album due sono brani di John Coltrane (A Love Supreme e Naima), due sono brani di McLaughlin ed il quinto è un brano tradizionale riarrangiato dai due musicisti. Il disco è un incontro tra le tecniche chitarristiche dei due musicisti che genera risultati molto particolari, una miscela di suoni unica per quel periodo. Le atmosfere mistiche di McLaughlin si miscelano a quelle latine di Santana ed ai virtuosismi del primo si contrappone il fraseggio del secondo con la sua inconfondibile cifra musicale. Il disco è pervaso da una profonda aria di spiritualità soprattutto nei brani di John Coltrane, uno dei quali, Naima, è suonato unicamente dalle due chitarre acustiche così come il brano che conclude l’album Meditation.
Nel 1974 McLaughlin da vita ad un esperimento musicale che miscela la sua musica di ispirazione jazz con quella indiana e forma gli Shakti assieme a Zakir Hussain (alle Tabla), T. H. “Vikku” Vinavakram (al Ghatam), R. Ragavan (al Mridangam) ed L. Shankar (al violino). Il gruppo registra due album e sarà attivo sino al 1977. Shakti è un progetto di John McLaughlin nato per performance dal vivo (non è un caso se nel primo omonimo album del 1975 i due lunghi brani dei tre che compongono il disco sono registrazioni live). Si ha la sensazione di ascoltare lunghe session dove – come è tipico della musica di McLaughlin di questo periodo – le parti soliste di violino, chitarra e tabla hanno ampia libertà di movimento sonoro, spesso si rincorrono con parti suonate sincronicamente, il tutto in una atmosfera mistica ed indianeggiante. La lezione della musica tradizionale indiana è ben assimilata, con i suoi raga e la sua tipica struttura ed andamento ritmico: siamo agli esordi di quella che verrà definita world music di cui McLaughlin sarà un antesignano. Le esibizioni live (ho avuto la fortuna di ascoltarli dal vivo a Roma nel 1975) sono una lunga immersione negli spazi della coscienza di chi le ascolta, un tentativo di contattare il mondo divino tipico della musica indiana classica.
Il progetto Shaki riavrà vita nel 1997: McLaughllin e Zakir riformarono il gruppo con il nome di Remember Shakti e con una nuova formazione che ebbe tre album all’attivo.
In questo periodo l’approccio di McLaughlin con la musica cambia progressivamente: attraverso lo studio dei Raga (i vari tipi di scale musicali indiane) egli amplia notevolmente il proprio bagaglio espressivo, sfruttando scale ed intervalli praticamente sconosciuti alla musica occidentale e le numerose esperienze con musicisti indiani lo porta ad avvicinarsi sempre di più a suoni naturali, acustici.
Negli anni successivi McLaughlin si esibisce spesso con la London Synphony Orchestra sperimentando il connubio musica jazz e nasce un lungo sodalizio con altri due virtuosi della chitarra come Al Di Meola e Paco De Lucia avvicinandosi al flamenco ed alla musica fusion.
Ma ciò che rimarrà nella sua musica sarà il cercare una unione tra la musica e lo spirito attraverso la sua grande sensibilità musicale e la sua tecnica sopraffina che ha fatto scuola a molti dei chitarristi delle successive scene e generazioni musicali.
Gianfranco Politi
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