Vento in faccia. Scorre la Sicilia tutt’attorno a me, rotolando sotto le due ruote del mio fedele destriero. Uno dei tanti piccoli privilegi di questa terra di regole senza regole: posso viaggiare senza casco, vento in faccia. Nessuno avrà nulla da obiettare.
Direzione: L’isola delle correnti, laddove Mediterraneo e Ionio s’incontrano e si scontrano, nella punta più bassa dell’isola. Due mari in direzione opposta. Mi piace l’idea: due correnti contrarie che continuamente si trovano faccia a faccia. Come risolverà, la Natura, questo duello? Conflitto o armonia? O forse.. armonia nel conflitto? Intanto il conflitto sembra averlo avuto l’amministrazione locale con la gestione del danaro pubblico: la strada non ha più asfalto. Si è trasformata senza che me ne accorgessi in una strada sterrata, piena di buche, la polvere si alza e si appiccica al caldo sulla pelle.
Cartello: L’isola delle correnti. Sotto, una grande P, una freccia che indica di tirar dritto e la scritta: 1 km che dice quanta polvere dovrò ancora respirare in sella al mio compagno di viaggio meccanico. Sono quasi arrivato.
Strada sterrata, buche, polvere appiccicata al caldo sulla pelle fino al parcheggio della grande P, con sotto un altro cartello: parcheggio a 3 euro. Passo oltre: non mi piace pagare per andare nella natura. Lo trovo un obbligo odioso. Troverò un luogo dove lasciare il mio cavallo di ferro senza dover subire il ricatto economico.
Strada sterrata, buche, polvere appiccicata al caldo sulla pelle. Nuovo parcheggio, stesso cartello: parcheggio a 3 euro.
Passo oltre. Strada sterrata, buche, polvere appiccicata al caldo sulla pelle. Nuovo parcheggio, stesso cartello, stessi 3 euro.
Oltre. Cartello: 3 euro.
Oltre. 3 euro. Cazzo. Fine della strada sterrata, fine dei parcheggi e dei cartelli a 3 euro. Ma rimane alta la polvere appiccicata al caldo sulla pelle. Ricazzo! Non si accede alla spiaggia senza pagare il pedaggio. Vuoi la natura? Hai da cacciare i denari! Fanculo. Non mi avrete. Non voglio finanziare un mondo col mare a pagamento. Fanculo all’isola delle correnti. Mi sa che l’armonia nei miei conflitti dovrò trovarla senza il consiglio di questi due mari.
Dietrofront. Va bene così. Bisogna saper rinunciare. Bisogna sapere dire di no. Non sopporto tornare indietro, ma a volte è necessario. Si riparte. Stessa strada sterrata. Stesse buche. Stessa polvere appiccicata al caldo, sulla pelle. Ma quel cartello? Anguria fresca a fette all’andata non c’era. Giuro: non c’era. Come non c’erano quei tavolinetti vuoti e sgangherati, né quel bancone stanco e consumato che con ostinata pervicacia sostiene chili di frutta sorridente di vita, come il nonno al mare che sostiene il nipotino mentre sgambetta in acqua.
Riflessione lampo:
l’esperienza di una vita che sta per finire a sostegno di un’altra che sta sbocciando.
Torno al presente. Penso: dov’era tutto questo, il cartello, il bancone, la frutta, i tavolini, mentre prima percorrevo la stessa strada al contrario? Risposta del me-razionale: era tutto lì, non l’hai visto. Eri distratto da altro, dalle buche, dai cartelli a 3 euro, dai tuoi pensieri ribelli.
Risposta del me-magico: all’andata tutto questo non c’era. Non esisteva. O meglio: c’era, ma non lo si poteva vedere, da dove eri tu. Per arrivarvi era necessario fare tutta la strada che hai fatto, fuori e dentro di te: spedito e deciso nella creduta-giusta direzione, fino ad arrivare in p.zza del Dubbio, per girare poi in via della Rinuncia, dopo esser passato per via dell’Accettazione e proseguendo in senso contrario in quella strada che ora prende il nome di via delle Nuove Opportunità. L’opportunità di una fetta di anguria fresca.
Sono tre settimane che mi sfugge. Tre settimane in Sicilia senza aver trovato un cazzo di fetta di anguria fresca. Anguria intera, sì. Anguria a cubetti, pure. Anguria a fette, anche: ma calda. Anguria calda, cazzo. Un sacrilegio. Mi fermo. Scendo dalla sella del mio destriero meccanico. Mi avvicino al chioschetto.
“Anguria a fette ne avete?”
“A certu”
Parlava siciliano. Credo che l’avesse scelto di proposito, quasi a mo’ di sfida. L’aria provocatoria gli ronzava tutt’attorno, gli si leggeva negli occhi. Non era nulla di personale con me. Solo un modo di porsi verso il mondo.
“Fresca?”
“Neca ti para ca u mulino r’acqua si po’ manciari cauru?” |
“E che: ti pare che l’anguria si possa mangiare calda?” |
Già l’adoro.
“Non sai quanto mi rendi felice. Una fetta d’anguria fresca per me, allora…”
Nicola Fornaciari
Avete letto – L’ISOLA DELLE CORRENTI di Nicola Fornaciari (Prima parte).
I racconti di Nicola Fornaciari ci terranno compagnia per tutta la stagione dell’Argante. Saranno divisi in diverse parti e alla fine di ogni racconto\episodio o parte. Potrete trovare il link di riferimento per iniziare, concludere o scegliere la vostra lettura.