L’intelligenza artificiale (AI – artificial intelligence) sta sempre più pervadendo la nostra vita, spesso senza che neanche ce ne accorgiamo, e lo fa in molti aspetti quotidiani. Il fatto che internet sia divenuto lo strumento di comunicazione più utilizzato (tramite email, social media, ma anche con le telefonate che grazie al voip ormai transitano da internet), fa sì che l’AI, che presidia molti servizi forniti tramite internet, stia modificando addirittura il modo di interagire fra gli stessi esseri umani. Da questa progressiva espansione dell’uso dell’AI in molte delle attività che prima erano prerogativa solamente umana non è esente la produzione artistica (letteraria, delle arti visive, musicale, teatrale e così via). In questo ambito oggigiorno l’AI viene utilizzata non solo come supporto per la produzione artistica, ma addirittura per la creazione di opere dell’ingegno di tutti i tipi quasi sempre senza che il fruitore lo sappia.
Solo per portare un esempio in campo musicale, molti pezzi di breve durata che accompagnano le pubblicità sono prodotti da software che utilizzano intelligenza artificiale; non più artisti umani che compongono musica e artisti che la eseguono, ma software di AI che la compongono, lasciando poi ad altri software l’esecuzione. Egualmente nel campo delle arti visive: è abbastanza comune ormai la produzione di immagini artistiche da parte di software che usano intelligenza artificiale.
Tutto questo può essere visto come una grande opportunità, con riferimento alle potenzialità che l’AI può offrire, ma dall’altra anche come un pericolo sotto vari profili, il principale dei quali è l’impoverimento qualitativo della produzione musicale. Da tenere conto che l’uso dell’AI in Italia in alcune professioni intellettuali, come il giornalismo era già presente da tempo (esempio: articoli brevi non firmati scritti dall’AI), mentre è molto meno presente per ora nella produzione artistica.
Ma che cosa è ciò che viene chiamato “intelligenza artificiale”?
Si può definire intelligenza artificiale la disciplina che si occupa essenzialmente di sistemi intelligenti, quei sistemi che hanno un comportamento intelligente, in pratica quel comportamento capace di applicare autonomamente una determinata conoscenza alla risoluzione di problemi, accrescendo poi la propria conoscenza tramite l’auto apprendimento. Quindi si può parlare di intelligenza artificiale solamente quando il sistema, autonomamente, apprende dalla propria esperienza senza intervento esterno da parte dell’uomo.
Va osservato come l’uso dell’AI nella produzione musicale sia fortemente incrementato a partire dal 2022, anno di rilascio di ChatGPT (Chat Generative Pre-trained Transformer) il chatbot basato su AI e specializzato nella conversazione con un utente umano, e che ha contribuito ad amplificare l’attenzione sull’uso dell’intelligenza artificiale in tutti i settori. Oggigiorno i software basati su AI sono in grado di comporre interamente contenuti musicali o anche solo migliorare quanto già creato precedentemente da un musicista umano; sono anche in grado di clonare voci o produrre arrangiamenti in determinati stili. Tutto questo pone problemi anche di diritti d’autore, sotto vari profili: da una parte i software che generano pezzi musicali vengono utilizzati al posto di musicisti umani per evitare di pagare diritti, dall’altra usano per l’apprendimento i pezzi composti da artisti umani producendo poi pezzi musicali molto simili, sia per sonorità che per stile.
Riguardo a questo problema a maggio 2023 Universal Music Group ha chiesto ai principali servizi di streaming audio di bloccare l‘uso di musica generata da AI dopo essersi accorta che l’AI stava utilizzando i suoi artisti per l’apprendimento automatico, minacciando anche azioni legali.
Va detto che gli atteggiamenti del mondo della musica (compositori, produttori, esecutori, musicisti di tutti i tipi) nei riguardi dell’AI risultano abbastanza variegati; si passa dall’ignorare la tematica all’averne paura, così come si oscilla dall’utilizzazione dell’AI in modo professionale all’utilizzazione solo amatoriale. Riguardo l’atteggiamento dei musicisti nei confronti dell’AI, uno sondaggio condotto da Ditto Music (casa distributrice) nel 2023 ha rivelato come il 28% degli artisti intervistati ha dichiarato che non avrebbero mai usato l’AI per fini di produzione musicale, mentre il 60% l’aveva già utilizzata o l’avrebbe utilizzata, anche se per scopi differenziati (a volte la creazione di pezzi, altre volte solamente il mixing o il mastering). Può essere interessante per il lettore una lista delle piattaforme di produzione musicale online, basate su AI, maggiormente diffuse.
Aiwa – Sviluppato nel 2016 e usato per comporre colonne sonore per spot pubblicitari, videogiochi, film, Aiwa ha già pubblicato propri album, così come i corrispondenti compositori umani. Con Aiwa è possibile creare tracce musicali dal niente, così come variazioni su brani già esistenti. Il software contiene formati e stili musicali preimpostati nonché un editor per gli utenti esperti. È utilizzabile gratuitamente, ma in questo caso i brani appartengono per copyright ad Aiwa, oltre che essere limitati a 3 minuti, in alternativa esistono piani a pagamento che rendono il brano modificabile in modo più completo oltre che farlo divenire di proprietà dell’utente.
Boomy – Software molto semplice, capace di produrre brani in pochi secondi condividendoli poi in streaming. Richiede l’impostazione di una serie di parametri nonché la scelta fra una gamma di stili, per poi passare alla creazione del brano. Il brano può poi essere modificato aggiungendo anche la voce. Con la versione a pagamento è possibile la masterizzazione sulle piattaforme musicali.
Mubert AI – Si tratta di un software capace di generare musica strumentale partendo da una descrizione testuale. Si può scegliere il genere musicale (per esempio classica, elettronica, ecc.) nonché il mood (per esempio romantico, sognatore, e così via).
Song Lyrics Generator – È un software, sempre basato su AI, che genera testi musicabili. È possibile scegliere brani in stile libero, oppure brani che imitano quelli di artisti realmente esistenti.
Soundraw – Con questo software si parte dalla scelta di un tema, di un mood e di altre impostazioni per poi generare il brano musicale. Il programma, che utilizza l’AI, è essenzialmente un supporto per chi crea contenuti di sottofondo per video, eliminando in questo modo problemi di copyright, ma anche facilitando la ricerca del brano più adatto al video. Anche qui esiste un piano gratuito e un piano a pagamento che consente la creazione di brani musicali più lunghi.
Voicemod – È un software basato su AI che crea pezzi musicali partendo da un testo scritto dopo aver stabilito la tipologia di brano che si vuole creare; consente di spaziare fra vari generi, con la possibilità di scegliere anche il tipo di cantante (esempio: popstar). Dal momento che non ha regole rigide il testo può essere costituito anche da semplici vocalizzi che consentono comunque la creazione del brano musicale completo.
Che dire?
Mentre la qualità di alcuni prodotti musicali creati da software di AI, come Voicemod è interessante, quella di altri, come Boomy, risulta davvero deludente. Ovviamente questa qualità dipende da molteplici fattori, prima di tutto la strutturazione del software, ma anche le modalità di apprendimento che il software di AI utilizza. Il progresso non può certo essere rifiutato con atteggiamenti luddisti, ma ne vanno valutati i risultati, che non sempre sono positivi.
L’uso dei software che usano intelligenza artificiale per la produzione artistica può infatti portare a risultati paradossali, se non addirittura sconcertanti e la cosa è tanto più evidente nei software per la produzione di immagini. A tal proposito si vedano le prime quattro immagini dell’articolo generate utilizzando varie descrizioni di “Argante”, persona che nei vecchi teatri era incaricata della manovra delle scenografie o delle luci, utilizzando argani.
Come si può osservare l’AI spesso inserisce elementi che sono fuori contesto (immagine 1 [“Man in charge of operating the scenery in the old theatre, cool light, oil painting style.”]– una sorta di mixer, quando per l’ambientazione ovviamente questo strumento non poteva ancora esistere – immagine 2 [“Man in charge of operating the scenery in the old theatre.”]– si dà maggior valore al ruolo della persona, rappresentandola come un militare, senza riferirlo al contesto teatrale) rispetto all’immagine che si voleva ottenere.
In conclusione l’uso di software di AI per la produzione artistica, con particolare riferimento a quella musicale, deve essere adottato con estrema oculatezza, ricordandosi che il controllo umano sarà sempre imprescindibile e che, almeno in questa fase storica, l’apporto dell’AI è positivo solamente per operazioni di tipo tecnico (ottimizzazione, inserimento di voci a posteriori, mixing, mastering).
Sergio Bedessi.