Questa rivista\blog non poteva sottrarsi al saluto collettivo e affettuoso che in questi giorni si sta raccogliendo e unendo verso la figura di un attore, autore, regista e protagonista del nostro tempo: Francesco Nuti.
Facciamo un po’ di premesse…
É difficile dire qualcosa di diverso, rispetto a quello che leggerete e sentirete in questi giorni. Si ha quasi la sensazione che Nuti non sia morto il 13 di giugno del 2023, ma che sia nato o meglio rinato. Da un po’ di tempo era finito nel dimenticatoio… non qui, o meglio non dal luogo in cui questa redazione ha le basi: Firenze. Nella città in cui L’Argante ha sede non è mai stato dimenticato e molte sono le iniziative che hanno visto protagonista Nuti, non solo nella città metropolitana di Firenze ma anche in tutta la Toscana… eh già, perchè anche se lui stesso si auto-definiva un “cane sciolto scappato dal canile”, per via della sua provenienza a metà (Papà toscano e Mamma calabrese). Francesco Nuti è un orgoglio sentitamente toscano, prima che nazionale. Qui i luoghi, le battute, le situazioni dei suoi film di successo non sono mai passate in secondo piano, anzi sono finite per diventare una sorta di museo multimediale a cielo aperto. Ogni persona, di ogni generazione sa dove è stata girata una certa scena e sa ripetere o inserire in maniera appropriata ed esaustiva una sua battuta in qualsiasi contesto. E se proprio dovesse esserci un’esigua percentuale di individui che disconoscono il Fenomeno Nuti, saranno anche loro incappati indirettamente nel set o nei dialoghi di Francesco.
Un solitario quasi sempre in coppia…
La verità è che Francesco Nuti finiva sempre per essere l’opposto di quel poteva apparire il suo personaggio, non a caso abbiamo scelto per quest’articolo tutte le foto che lo vedono in coppia a dividere set e scene con altri attori che insieme a lui hanno condiviso lo schermo e a volte un pezzo di vita… ma sopratutto hanno condiviso grandi successi. Con Carlo Verdone ad esempio le cui vite e carriere si sono ripetutamente incontrate rivoluzionando la comicità e il cinema italiano della fine degli anni ’70, rappresentando un vero e proprio ricambio generazionale insieme a Massimo Troisi (con cui per ammissione dello stesso Nuti ci fu una continua rincorsa a chi riusciva tra i due ad esprimere il miglior talento). Verdone e Nuti incrociano in due occasioni: quando entrambi facevano parte della nutrita schiera di comici Non Stop di Enzo Trapani (1977-1979) e in Sogni e bisogni , una serie televisiva italiana del 1985, diretta da Sergio Citti. Con Ornella Muti poi co-protagonista di un successo strepitoso come Tutta colpa del Paradiso sempre del 1985, stesso anno di Casablanca, Casablanca. Sempre in coppia con l’attrice italiana, Stregati del 1986. Fra i tanti che in maniera diretta e indiretta hanno fatto coppia con Francesco Nuti non si può dimenticare Novello Novelli che praticamente ha partecipato a tutti i film diretti e interpretati dall’attore comico toscano, come una sorta di talismano, sempre con ruoli importantissimi nell’economia dei film girati.
Tutta colpa del Paradiso, segna anche l’incontro con lo sceneggiatore e regista Giovanni Veronesi, che darà vita ad un legame indissolubile tra i due. E poi ancora in ordine sparso Isabella Ferrari, Sabrina Ferilli, Carol Alt, Giuliana De Sio, Alessandro Haber… e molti altri hanno beneficiato della scia e del talento di Nuti, in grande spolvero durante l’ultima parte del decennio ’80-’90. É sicuramente meno forte l’impatto artistico che Nuti riesce a dare negli anni ’90 e primi anni 2000, ma a voler fare un confronto con i suoi diretti rivali al botteghino, quello che si deve tenere in considerazione è che tutti avevano subito un notevole calo di consensi e di pubblico, Troisi ci lascia con Il Postino che non è certo un film comico, ma più che altro un testamento artistico, Verdone è in crisi nera, con lui le sue sceneggiature e le sue regie basta citare A Lupo a Lupo e Perdiamoci di Vista e solo con una sorta di ritorno alle origini tocca un acuto nel ’95 il film rientra nel suo schema classico degli episodi e dei personaggi ed è Viaggi di Nozze, ma anche lui non tornerà più ai successi ripetuti degli anni ’80. Perchè? Segno di un altro ricambio generazionale, in quegli anni spariscono dal grande schermo i Celentano, Montesano, Pozzetto, Villaggio si re-inventa con Io Speriamo che me la cavo. Lo stesso Benigni fa una lunga pausa di 6 anni e torna solo nel 1998 con La Vita è Bella, non sono tempi semplici, nè tanto meno decifrabili per chi li deve raccontare sotto forma di commedia. E’ un’Italia cinematograficamente sorniona e quello che verrà dopo a parte qualche eccezione sarà caratterizzato da una profonda noia.
La poetica del Nuti regista
A Nuti, forse più di ogni altra cosa, va dato atto che la sua Regia si distingueva in maniera particolare nei confronti di tutti gli altri concorrenti della sua epoca cinematografica. Provate ad andare a vedere l’incipit di Caruso Pascoski, 1988 e a confrontarlo con qualsiasi altro film degli anni ’80, oppure fatelo con tutti i film di Nuti e metteteli a confronto con le analoghe pellicole di registi e autori italiani di quegli anni, stando bene attenti a togliere la spazzatura ovviamente, noterete una continua ricerca al poetico movimento di macchina, unico e spettacolare. Nè i Verdone, Ne’ i Troisi (che prediligeva un cinema più “casalingo”), vi sapranno proporre le immagini totali a 360° dei luoghi ripresi prima dall’occhio e poi dalla macchina da presa di Francesco. Spesso per girare anche solo la scena finale di un film, si prendeva tutto il tempo necessario correlato a viaggi in elicottero che sorvolavano il set, alla ricerca dell’immagine e della luce giusta. Potremmo fare mille esempi, per dirvi che Nuti non era solo un comico… ma un’artista completo, questo però ci sembrava essere il più calzante. Probabilmente era dai tempi di Fellini, Scola e Monicelli, che un regista non aveva le stesse peculiarità. Anche in questo c’è il motivo della crisi del cinema degli anni ’90, non erano cambiati i protagonisti, era cambiato il pubblico. Si ha la sensazione che era già cominciata quella discesa agli inferi fatta di occhi distratti, atti al consumo vorace e veloce di qualsiasi cosa gli venisse a tiro. Se è vero che film come La Grande Bellezza hanno restituito inquadrature da cinema d’autore, dobbiamo ammettere che vengono accettate solo in taluni casi, figuriamoci se le sopportiamo in “semplici commedie” che poi non erano semplici per un cazzo… ce le avessimo ora. Scusate il francesismo, ma forse ogni tanto ci vuole. Ciao Francesco…. grazie.
Marco Giavatto.
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