L’Argante #122 || Il femminile nell’immaginario della Grecia Antica parte 1: Elena

Nell’Antica Grecia la figura della donna era a stretto laccio connessa con il concetto dell’infirmitas sexus, ovvero una minorità biologica, psicologica, intellettuale e, di conseguenza, giuridica. L’unica funzione della donna era la finalità riproduttiva. La formula stessa del matrimonio (vissuto esclusivamente come un contratto stipulato tra il tutore e il futuro sposo senza assenso né presenza della donna) era “Do a te la mia propria figlia per la procreazione di figli legittimi”. Le donne erano chiuse in casa, potevano uscire se scortate e per occasioni religiose. Solo nel momento delle feste concesse loro (circa 60 l’anno) era possibile esperire un ribaltamento del ruolo sessuale e sociale. La relazione eterosessuale, dunque, raramente veniva percepita come possibile altare dell’amore denso di sentimento e significato proprio per la natura inferiore che si attribuiva alla donna. L’amore omosessuale, tra persone alla pari, era considerato amore per cultura, quello eterosessuale amore per natura, accomunato a quello degli animali a scopo esclusivamente riproduttivo.

La catarsi teatrale necessaria

Nonostante questo non risulta strano che le più grandi eroine della storia della drammaturgia mondiale siano nate dalle penne di commediografi e tragediografi greci. La natura della donna, magica, mistica, imperscrutabile, volitiva, potente, era comunque percepita e ben conosciuta dalla Grecia Antica. E’ sulla scena teatrale che i fantasmi del femminile vivono di vita propria vita, consentendo agli attori (uomini) e al pubblico di sperimentare su di sé emozioni femminili esasperati e ambigui, laceranti, con sentimenti così violentemente intensi rispetto a quelli provati da loro nella vita quotidiana da risultare inquietanti; la catarsi teatrale permetteva, dunque, all’uomo greco di vivere ed esorcizzare l’atavica paura dell’ignoto mondo del femminile.  La drammaturgia greca conserva così i ritratti delle figure femminili tra le più sconvolgenti e trasgressive del panorama teatrale.

Elena

I tratti ambivalenti di questo personaggio femminile, forse il più famoso dell’antichità sono già presenti nei poemi omerici, in cui all’immagine di una femminilità negativa, seduttiva e fatale, si accosta talora quella di una figura più complessa, travolta dal crudele gioco delle divinità che non esitano a fare di lei la vittima innocente delle loro pulsioni distruttive.

Eschilo e Sofocle

Eschilo nell’Agamennone presenta Elena in modo negativo accusandola di aver causato la guerra di Troia. Tuttavia il giudizio su di lei, personaggio capace per la sua pregnanza di evocare i più fecondi fantasmi dell’ambiguità femminile, è ambivalente. Lei, connotata come “la donna che osò l’inosabile” e, con le consuete paretimologie come la distruggi-navi, distruggi-uomini, distruggi-città, lascia comunque nella casa abbandonata e in Menelao una dolente nostalgia, rappresentata dal poeta tragico con una delicatezza priva di qualsiasi ripugnanza per l’adultera. La vera colpa di Elena sembra essere quella di attivare nell’animo maschile passioni irrefrenabili e laceranti, che finiscono col privilegiare la morte sulla vita, dimostrando l’oscura potenza con la quale il femminile agisce sulla psiche maschile.

In Sofocle nell’ Elettra, Elena appare causa involontaria della guerra; il colpevole volontario è solo Paride che mette in dubbio “l’inquietante ed equivoca polarità di attrazione femminile e la sua potenziale attitudine a suscitare la guerra”.

Euripide

 

In Euripide, Elena è sia protagonista delle Troiane, sia dell’Elena. Entrambe le tragedie appartengono ad un periodo storico assai tormentato in cui dominava la guerra del Peloponneso contro Sparta. Nelle Troiane la responsabilità della tragedia che vivono le donne troiane, assegnate come schiave ai Greci al momento della partenza da Troia, è ricondotta per intero a Elena. Il terzo episodio del dramma si conclude con un’autoassoluzione di Elena stessa fondata sulla propria mancanza di responsabilità e sull’incoercibilità della volontà divina che che ha suscitato in lei uno smarrimento erotico meritevole di comprensione più che di castigo. L’Elena invece è un melodramma serio ma venato di ambiguità comica. Euripide proietta su un doppio evanescente ma oggettivo, che incrina il principio di identità, tutta l’ immagine negativa di Elena. A Troia Euripide manda questo doppio trasgressivo ed inquietante di Elena plasmato dagli Dei che ha infranto le regole del comportamento femminile basato sull’assoluta fedeltà al marito. L’Elena reale, invece, è nascosta in Egitto costretta a nascondersi per difendersi dalle smanie erotiche del re Teoclimeno, innescate dalla travolgente bellezza di lei. La vera Elena vive una vita interiore molto intensa le cui dinamiche fortemente conflittuali sono dominate dai rimorsi e dai sensi di colpa prodotti dalla consapevolezza che la guerra di Troia è stata combattuta a causa di un fantasma.

Il vero colpo di scena ce lo da l’epilogo del melodramma: quando Elena incontra Menelao il suo doppio fantasma sparisce. La donna chiede quindi al marito di elaborare un piano che possa salvarli. L’uomo però non ha idee ed è lei stessa a proporre (sebbene con la cautela debita per una donna “Ascolta, anche se è una donna a proporre un piano ingegnoso”) un fantasioso stratagemma salvifico che conduce i due sposi ad un trionfo finale.

L’assoluzione

 

Sebbene gli autori greci partano sempre con un certo astio nei confronti di Elena, tanto temibile quanto terribile, femmina che trae il suo potere esclusivamente dalla bellezza (unica connotazione positiva che si poteva affidare ad una donna), finiscono comunque per giustificarla. Elena ne esce per lo più vittima, di se stessa o degli Dei che l’hanno deviata. Addirittura viene portata a salvare la Grecia indirizzando il marito alla vittoria. Elena prende vita dalle penne degli autori e li orienta ella stessa alla sua assoluzione. La sua colpa imperdonabile lascia spazio ai sentimenti reali che suscita nel momento in cui ci mettiamo nei suoi panni. La voce delle donne che emerge da un inconscio collettivo non riesce ad essere taciuta nemmeno in un contesto maschilista come quello greco ed emerge forte e si riprende vita e spazio anche in un mondo che tenta di sopprimere la loro natura.

 

Cfr. Lo Sapio G., Donna danno, donna angelica creatura

 

Serena Politi 

 

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