Doctor Strange nel Multiverso della follia

L’attesa si è fatta spasmodica (sia per “coloro che amano il Vero Cinema” che per i “nerdoni ossessivo-compulsivi”, le due categorie della cinefilia virtuale e social di cui ho parlato l’altro ieri su Instagram e su Facebook) per il sequel di “DOCTOR STRANGE”: se ai primi non sembra vero di poter gustare sul grande schermo una nuova “creatura” di Sam Raimi dopo nove anni (la sua ultima regia era stata “Il grande e potente Oz”), i secondi bramano di sapere come proseguiranno le storie dei loro beniamini del Marvel Cinematic Universe dopo “Spider-Man: No Way Home” e “WandaVision” (ai quali si riallacceranno le vicende del capitolo in uscita)… Poi ci sono anche gli appassionati di fantascienza, curiosi di capire come verranno sviluppate le implicazioni attinenti al concetto di multiverso, già ampiamente sviscerato nella serie “Loki” ma introdotto, in realtà, già a partire dalla prima incursione di Strange all’interno della saga… Come? Vi ricordate poco o nulla su quel film che ci fece conoscere le origini del personaggio? Niente paura: con il video che trovate qua sotto, come al solito, sul mio canale YouTube, L’umile CINEanalista, lo ripasserò adeguatamente proprio per l’occasione, in modo da farvi arrivare in sala non dico preparati, ma almeno con un po’ di infarinatura…

Dopo la prima visione

L’incarnazione fornita da Benedict Cumberbatch al personaggio inventato da Stan Lee e Steve Ditko è probabilmente la più azzeccata che si sarebbe potuta immaginare per un film dedicato allo stregone Marvel: al di là dell’impeccabile somatica (zigomi accentuati, occhi chiari), l’attore britannico inietta al personaggio uno snobismo tracontante che gli deriva direttamente dallo “Sherlock” interpretato sul piccolo schermo e che calza a pennello a una figura – più unica che rara – di “buon” bastardo (è un medico che salva vite, ma viscido ed egotico)… Se l’arco della genesi supereroica (“da un grande potere” eccetera eccetera) rientra più o meno negli standard, a sgusciare fuori dalle convenzioni sono le immagini (tra suggestive perturbazioni “cubiste” dello spazio fisico post-“Inception” e alterazioni del tempo lineare pre-“Tenet”), i ruoli di contorno (su tutti l’Antico di una spiazzante Tilda Swinton e il torvo bibliotecario di Benedict Wong, entrambi portatori di una certa ironia) e il fascino di un clima che concilia la scienza col misticismo (le presunte “magie” scaturiscono da diverse dimensioni della realtà)… Ai fan sono rivolti alcuni “ganci” con gli altri “tasselli” del mosaico narrativo (la birra con Thor dopo i titoli di coda)…
Simone Trevisiol

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