Colette Dowling, autrice del best-seller The Cinderella Complex (1981), ha descritto Cenerentola come l’archetipo della donna che ha paura della libertà e dell’indipendenza, bisognosa di qualcuno su cui appoggiarsi, che lenisca l’ansia delle sue stesse ambizioni. A prima vista in effetti sembra proprio così. Anche lei è infatti costretta, come la sua collega Biancaneve (sulla quale potete trovare ampio spunto di riflessione qui nel nostro scorso articolo) ai maltrattamenti della matrigna che la obbliga a fare da serva nella sua stessa casa, nascosta a causa della sua bellezza agli occhi dei più per non offuscare le sorellastre, brutte come il peccato. E anche lei, come la suddetta, non osa ribellarsi. Esegue le sue mansioni con grande lena:
Cenerella,
su in soffitta, giù in cantina,
Disfa i letti, vai in cucina,
Lava i piatti, il fuoco accendi,
Poi lava, stira e stendi,
Comandan sempre loro e
Ripeton tutte in coro
“al lavoro, al lavoro, Cenerella”
Sempre sorridente e allegra, pronta a dire di sì a tutte, succube della dinamica familiare che la vuole schiava senza, apparentemente, recriminare o ribellarsi.
Ma perchè non reagisci, Cenerentola?
L’obbedienza di Cenerentola può essere vista come l’ unica scelta possibile per una giovane donna che si trova ad affrontare una situazione insostenibile. Di fronte ai maltrattamenti, però, non si piega e non si lascia mai andare al pianto o alla recriminazione, al risentimento, alla rassegnazione, così come si chiedeva alla donna americana nel dopo guerra, in un clima dominato dal “sogno americano”.
Cenerentola è sì “donna del suo tempo” ma altresì vittima del contesto sociale: quale donna all’inizio degli anni ’50 avrebbe osato ribellarsi abbandonando la casa di suo padre senza essere sposata? Il suo istinto di sopravvivenza le suggerisce, invece, di restare e non lamentarsi… filosofia di vita che consiglia anche al cane, Tobia, suo alter ego a quattro zampe, quando sogna ripetutamente di vendicarsi del malefico gatto della matrigna, Lucifero.
sognavi di nuovo di dar la caccia a Lucifero? e se ti avessero sentito di sopra? sai quali sono gli ordini, quindi se non vuoi perdere la tua buona zuppa calda devi smetterla di fare questi sogni, sai che devi fare? imparare ad amare i gatti.
Incontriamo da subito Cenerentola mentre svolge ogni sua mansione con diligenza, col sorriso, con servilismo, cercando di imparare ad amare i nemici come arma per la sopravvivenza. Ma se guardiamo meglio scopriamo che sotto sotto lei non ci sta. C’è un atteggiamento, quasi impercettibile, che ce la fa riscoprire come una donna “quasi” ribelle.
Cenerentola eroina, a suo modo
Cenerentola non risparmia quasi mai lamentele proferite a mezza voce, sospiri e battute alle spalle delle sorellastre. Ribatte, anche se timidamente, alle irragionevoli richieste della Matrigna senza mai nascondere quello che pensa. E mentre Biancaneve, di fronte alle faticose mansioni domestiche non si mostra mai affaticata, né risentita per la condizione in cui si trova, Cenerentola si stanca, si acciglia e, inaspettatamente, si fa scudo con la sua ironia.
a Lucifero: “[…] So bene che a Sua Altezza dispiace far colazione così presto. Non certamente un’idea mia quella di servirti per primo! Questi sono gli ordini”.
La giocosità e la leggerezza che Cenerentola sottende al suo fare quotidiano sono esse stesse la sua sottile, costante, ribellione. Pioniera eroina Disney, suo malgrado.
I desideri di felicità
C’è uno spazio inaccessibile e sicuro dove Cenerentola si rifugia quando le scorrettezze della vita sono troppo fameliche: il mondo dei suoi sogni.
“Meno male, però, che nessuno può impedirmi di sognare”
A differenza di Biancaneve, però, non si aspetta che qualcuno la salvi, che l’amore la venga a prendere e la allontani dalla bruttezza del mondo in cui è circoscritta. Cenerentola sogna “desideri di felicità”. Non sa nemmeno lei codificare bene quale sia il suo sogno, ma sa che è la porta di accesso alla sua realizzazione. Se la dote di Biancaneve è la pazienza quella di Cenerentola è la speranza.
I sogni son desideri
Di felicità
Nel sonno non hai pensieri
Ti esprimi con sincerità
Se hai fede chissà che un giornoLa sorte non ti arriderà
Tu sogna e spera fermamente
Dimentica il presente
E il sogno realtà diverrà
Quindi spera, sogna e desidera ardentemente che la sorte le arrida un giorno. Ma non delega a nessun altro la responsabilità di questo cambiamento. E’ in attesa che qualcosa si compia, pronta al giusto passo per andare incontro al suo destino migliore. Un bel passo in avanti verso l’emancipazione!
La caduta e il compimento
L’occasione per prendere in mano la propria vita si mostra proprio quando Cenerentola perde ogni speranza, crollando disperata.
“non è vero, è inutile, non posso più sperare, non spero più… non posso più credere a nulla. A nulla.”
Il nodo drammatico della storia, l’evento dopo il quale nulla sarà più come prima, si manifesta quando le sorelle e la matrigna le impediscono di andare al ballo, strappandole di dosso il vestito della madre defunta, ricucito con cura dall’infaticabile team dei topolini suoi amici. Questo atto di violenza gratuita a cui Cenerentola non sa reagire la porterà a doversi arrendere e a realizzare la grande tristezza nella quale vive, nascosta a se stessa fino a quel momento. Questa presa di consapevolezza, questo percorso evolutivo alla scoperta del proprio lato oscuro e inconscio esattamente nel momento in cui tocca il fondo, la porterà a crescere, a prendere atto della realtà in cui è immersa, facendole riscoprire una forza nuova.
L’intervento magico: la risorsa interiore
L’aiuto della fata Smemorina permette a Cenerentola di usufruire di quella risorsa interiore di coraggio che le permetterà di andare al ballo, di realizzare i propri intenti, di conseguire i suoi desideri ed esaudire i suoi sogni. L’intervento magico è la forza necessaria al superamento del dramma, quell’energia propulsiva che consente di proiettarsi finalmente nella quotidianità del presente, nel qui ed ora, per cominciare a costruire il proprio destino. Grazie a questa rinnovata spinta Cenerentola reagisce, disubbidisce agli ordini, si presenta al ballo, da sola, in tutta la sua splendida maturità e redenzione, andando incontro alla Vita che le si schiude davanti con un meraviglioso abito sbrilluccicoso e due “comodissime” scarpette di cristallo.
Cenerentola e il suo principe per caso
Ma Cenerentola non smette di stupirci. Arriva al ballo. Danza tutta la sera davanti agli invitati col Principe senza minimamente preoccuparsi che la matrigna o le sorellastre possano vederla e si innamora di lui, ma senza sapere chi sia in realtà.
Mentre Biancaneve aspettava che fosse il principe a trovarla (“Someday my prince will come“), senza in realtà attivarsi per renderlo possibile, Cenerentola lo incontra suo malgrado proprio perché agisce per realizzare un suo sogno. Recandosi al ballo, Cenerentola muta il corso degli eventi diventando inconsapevolmente artefice del suo destino. Se non avesse trovato il coraggio di prendere parte attiva alla sua esistenza non l’avrebbe neanche incontrato. Ma, cosa ancora più importante, Cenerentola non va al ballo per conoscere il principe ma “solo” per passare una bella serata, per il tempo concessole dall’incantesimo.
È ben consapevole che tutto finirà com’è iniziato. E quando l’incantesimo si spezza a mezzanotte, è pronta a tornare alla vita di sempre, grata per questo sprazzo di gioia assaporata.
Alla fine, chi ha salvato Cenerentola?
Che il pensiero comune dia al principe il merito della salvezza di Cenerentola è risaputo. D’altra parte sposandola la porta via dalla sua realtà infausta, su questo siamo d’accordo. Ma in realtà tutto è partito da lei: se non si fosse svincolata dagli ordini della matrigna non l’avrebbe mai conosciuto; se non fosse stata gentile e protettiva verso i suoi amici animali non l’avrebbero liberata dalla soffitta in cui l’aveva rinchiusa la matrigna per non farle indossare la scarpetta; se non avesse avuto acume e presenza di spirito non avrebbe conservato l’altra scarpetta in tasca, pronta a “sguainarla” ad ogni evenienza (idea previdente e molto utile dato che l’altra viene rotta dalla matrigna – da notare l’accenno di compiacimento nel suo sguardo quando si prende soddisfatta la sua rivincita-). La risposta è quindi: Cenerentola si è salvata da sola. Grazie, alla sua forza interiore, alla speranza che non ha mai perduto, alla caparbietà e alla capacità di affrontare il destino da sola. Il principe è solo una coincidente ricompensa. Egli non influisce in alcun modo sull’effettiva risoluzione del conflitto, non a caso non è presente nella scena in cui Cenerentola calza la scarpetta. La nostra eroina (adesso possiamo chiamarla così con cognizione di causa in fondo) combatte da sola per riscattarsi e meritarsi finalmente il suo personale lieto fine.
P.s: le scarpette
Appaiono insieme al vestito nell’incantesimo della fata madrina ma non scompaiono allo scoccare della mezzanotte. Vi siete mai chiesti il perchè? Io sì! Ecco la mia personale spiegazione.
Partiamo dalla simbologia:
- la scarpa: ciò che indossiamo per procedere, per incedere lungo il nostro cammino.
- il cristallo: materiale che ha molteplici caratteristiche: è trasparente, puro, luminoso, fragile, delicato, prezioso. Esattamente le doti di Cenerentola.
Potremmo dunque dire che le scarpette materializzano le doti di Cenerentola che cammina nella sua vita manifestando ciò che è.
Ma perché non scompaiono? Alla fine tutto sparisce tranne loro. Beh… in fondo è così anche nella vita se ci pensiamo. C’è sempre qualcosa che ci “resta addosso” quando compiamo un’esperienza che ci cambia la vita. É innegabile che aver scelto di andare al ballo cambia radicalmente Cenerentola. Le scarpette sono quella parte di lei che si è modificata (ovvero il suo rivelarsi al mondo), trasformata e che non potrà più essere come prima. Non a caso saranno proprio loro la chiave di accesso alla sua felicità.
Serena Politi
C’è sempre una morale nelle favole che insegnano da che parte stia il bene ed il il male. Le storie, le novelle, i racconti, fin dall’antichità, sono il modo più facile per raccontare “la vita” ai bambini, per entrare nel loro mondo a piccoli passi. La letteratura per l’infanzia credo possa esprimere in modo semplice concetti molto profondi. Non vado d’accordo con la Dowling nemmeno io, sono nata negli anni cinquanta e posso affermare di non essere stata traumatizzata da Cenerentola, Alice nel paese delle meraviglie, Biancaneve o ancor peggio che la mia vita e quella di tutte le bambine della mia generazione sia stata in qualche modo condizionata da messaggi sbagliati e fuorvianti usciti dalla bocca della dolce principessa …(perchè alla fine lei diventa una principessa con tanto di castello! Non è un particolare da poco). Questo sta a significare che con l’onestà e l’impegno costante, il trionfo e la vittoria sono spesso dietro l’angolo, alla portata di tutti, basta volerlo. Quindi secondo il mio pensiero, non esiste nessuna sindrome di Cenerentola, nessun messaggio subliminale fra le righe della storia come vorrebbe la scrittrice Colette Dowling. Cenerentola è semplicemente una donna. Oserei dire una giovane donna “figlia di tutti i tempi” che sa amare ma sa anche calcolare, sa scegliere in base alle sue esigenze personali e soprattutto sa decidere con la sua testa. Un’ottima decisione tra l’altro…. quella di sposare l’uomo che ama, il principe che intravvedeva nei suoi sogni. Lui, con un cavallo bianco la porterà nel suo splendido castello dove non avrà mai problemi economici (si spera) perlomeno non quello del mutuo da pagare. Insomma, un uomo bello, devoto e innamorato pronto a sostenerla e a difenderla se ce ne sarà bisogno. Solo fortuna? Pura fantasia che si scolla dalla realtà? Non credo proprio, noi donne ci meritiamo tutto questo e lo sappiamo benissimo. Forse basta aspettare, potrebbe suggerire Cenerentola, senza commettere troppi errori nel frattempo.
This post will assist the internet viewers for setting up new weblog or even a blog from start to end.