L’Argante #39 II Libero De Rienzo: quel che importa è il talento.

Strano il nostro Paese, ma non voglio essere egoista, allargo il concetto al mondo intero. Se da una notizia che non avremmo voluto leggere ne possono nascere altre clickbait allora tutto è concesso. La fortuna che abbiamo noi, nella “piccola” redazione dell’Argante, profondamente lontana dalla ricerca ossessiva del click ad ogni costo, è  cercata e voluta. Non ci interessano i particolari che stanno emergendo per far rumore a scapito del dolore di chi rimane, per noi importa decisamente il silenzio che sentiremo per la mancanza di un grande talento e un grande attore: Libero De Rienzo.

Libero De Rienzo durante una scena di Smetto quando voglio.

Quello che avremmo voluto essere, quello che è sempre stato

Questo numero doveva essere dedicato alla seconda parte dell’Elogio al caratterista tutto al femminile, ma abbiamo sentito il dovere di omaggiare un personaggio così particolare nel panorama del cinema e della tv nazionale. Nato a Napoli, ma sempre stato romano (trasferitosi nella capitale all’età di due anni) entra per sempre nelle nostre vite nel 2001 quando esce al cinema Santa Maradona (di Marco Ponti); vincerà il David di Donatello come attore non protagonista per poi metterlo nel freezer per anni (storia vera). Qualcuno dirà… “io non l’ho mai visto”  poco importa. E’ uno di quei film che ha generato una filosofia di pensiero: ne circolano piccoli spezzoni, ripetiamo le frasi, si interpretano i passaggi. A chi non è mai capitato di dire dopo una qualche azione ben fatta, magari utilizzando un pizzico di sana follia: “la sregolatezza pura se non ha che fare col genio, mi esalta!”. Se non l’avete mai fatto, lo farete perché Bart ci ha insegnato a vivere. Vi confesso che non vorrei stare qui ad elencare i motivi per cui De Rienzo era un fenomeno, mi piacerebbe utilizzare questo momento come trampolino di lancio per una conoscenza. Se vi manca quest’attore nella vostra collezione di “persone che vi hanno veramente cambiato l’esistenza” è giunto il momento di farlo entrare nelle vostre vite.

Santa Maradona, 2001, Libero De Rienzo è Bart

Né un comico, nè un drammatico… ma un attore italiano.

Eh già, molto spesso ci siamo ritrovati su queste pagine, a raccontare della stirpe ormai sbiadita degli attori italiani, di quelli non catalogabili; ecco uno degli ultimi superstiti che, ahimè, abbiamo dovuto comunque salutare, con la differenza che a pizzicare le corde di questo addio ci va di mezzo un inaspettato conteggio amaro con il tempo breve per cui l’abbiamo avuto a disposizione. Il modo di interpretare i personaggi che ha avuto Libero è facilmente collocabile in quella tipologia di attori del passato dotati di un talento riconosciuto a pochi e che avrebbero fatto la fortuna di registi, sceneggiatori e degli stessi attori nel cinema nostrano che, non me ne voglia nessuno, hanno veramente contato qualcosa. Quelli degli anni ’70 con un pizzico di anni ’80. Solo attori dotati della grande tradizione italiana potevano spaziare così tanto: non è una cosa che si impara, o ce l’hai o non ce l’hai. Negli anni che contavano gli attori venivano spronati ad essere aperti e pronti a interpretare tutto il corollario di storie “italiane” cinematografiche si, ma splendidamente aggrappate alla realtà (Scola per tutti). Ora gli allievi attori vengono addestrati alla fiction per cui hanno due modalità di interpretazione: sfiatata e urlata… (ma di questo ne dovremmo riparlare). Fortapasc (di Marco Risi) anche per le considerazioni fatte fin ora, non è un film comune; poi arriva nel 2009, otto anni dopo Santa Maradona con una regia personale e visionaria: Sangue – la morte non esiste del 2005. Il cambio di registro è magistrale; è uno dei film più belli sulla recente storia italiana, pregno di impegno civile e morale, roba che gli americani ci vincono sette Oscar senza passare dal via. De Rienzo racconterà che durante le riprese del film i bambini urlavano: “Giancarlo Siani pum pum” mimando il gesto della pistola.

Fortapasc – Libero De Rienzo è il giornalista Giancarlo Siani, vittima della camorra.

L’attore che trasforma in semplici anche le cose difficili

Dentro ogni personaggio, sotto la maschera della singola interpretazione firmata De Rienzo c’è lo sguardo furbo e scintillante di un ragazzo che per una strana magia, ti faceva sempre piacere vedere; spesso non era protagonista film ma il livello di spessore della pellicola saliva se ad un certo punto, quasi inaspettatamente, saltava fuori lui. Non è il caso della trilogia Smetto quando voglio (di Sidney Sibila) dove si verifica l’arrivo a sorpresa dopo diverse scene dell’attore, ma solo per l’ ordine di un disegno rappresentativo del film (anche in questo caso, si dà per scontato che il lettore, qualora non sappia di cosa stiamo parlando, dopo la lettura, si appresti a prendersi un permesso di una giornata lavorativa per recuperare l’ultima serie di film che vale la pena di vedere, prodotti, pensati e creati in Italia).

La verità e che abbiamo bisogno di recuperare quello che ha lasciato De Rienzo

Per finire… De Rienzo era un grande attore e chissà se la carriera gli avrebbe ancora permesso di esprimersi ad altissimi livelli. Ci mancherà perché quando chi appare sullo schermo riesce a trasudare così tanta bravura ed empatia avviene un fatto strano, quello cioè di immedesimarsi nella storia, ma ancora più di avere la percezione di conoscere i mezzi sorrisi, gli sguardi vispi, le battute e i tempi eccezionali. Spesso si usano parole pompose e celebrative per gli attori che ci sono piaciuti e alla fine i vocaboli si ripetono, servono ad indicare quanto è importante l’estro di certi personaggi. Le espressioni usate se rimescolate possono dare l’idea della diversità di ogni attore per cui vale la pena credere in un domani migliore di questa professione. De Rienzo era, anzi è qualcosa che non smetterà mai di piacere, dava l’idea che se non hai quel talento smisurato, quelle cose facili che riuscivano a lui, potevano in un attimo sembrare inarrivabili.

Marco Giavatto

 

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