Quest’oggi andiamo insieme a conoscere coloro i quali, forse, non saranno passati alla storia come attori da copertina, ma per chi ama veramente questo “mestiere” sono invece da considerarsi dei capisaldi della tradizione attoriale.
Non è la prima volta che parliamo di “caratteristi” (link articolo “Peppino Arrabito”) e magari possiamo aggiungere una descrizione in più a quella già data in precedenza. Ma andiamo per ordine…
Senza questa tipologia di attori, non sarebbero mai esisti gli altri
Questa è la considerazione giusta da qui partire. Sempre meno, al giorno d’oggi, si è disposti a cedere con generosità, al tentativo di raggiungere la fama con “F” maiuscola, in funzione della riuscita di un film, di uno spettacolo teatrale o di qualsiasi forma “scenica” esistente nell’era dei social e della tecnologia applicata a questo tipo di arte. Fateci caso, molto spesso si cerca una fama solitaria, spesso con dei video brevi che non infastidiscono i nostri ormai acclamati disturbi dell’attenzione. Ma allo stesso tempo tutte le volte che viene fuori da qualsiasi contesto un caratterista, al servizio del “progetto” quale che sia, quest’ultimo il 90% delle volte riesce. Stiamo parlando pur sempre di attori di talento, di contesti già rodati etc… etc… prima di introdurci nello specifico vi faccio due esempi:
Cosa sarebbero i The Jackal, pur riconoscendo il grande talento di Ciro Priello (oltre all’importanza di ogni elemento del gruppo), senza la presenza di Fabio Balsamo?
Come sarebbe andata la storia artistica di Massimo Troisi senza Lello Arena (con tutto il rispetto per Enzo De Caro)?
Di Troisi si dirà che da solo poteva spostare gli equilibri artistici e umani di qualsiasi cosa gli venisse a tiro. E’ vero! Ma in ogni suo film la presenza dei caratteristi è essenziale, anzi forse è uno degli attori/registi che li valorizza di più.
L’importanza dei particolari, l’essenza dell’arte scenica
E’ chiaro che non staremo qui a fare un semplice elenco. Come ricorda lo stesso titolo dell’articolo, quest’accenno non è che la prima parte, tra l’altro ad appannaggio maschile di un discorso più ampio, che finiremo di trattare con un secondo articolo, ovviamente tutto al femminile, oggi ci soffermeremo su tre figure in particolare, che sono l’essenza di tutto il discorso fatto fin qua. Non ci resta dunque che scoprirli…
Ugo D’alessio: partiamo dal teatro!
Proveniente da una famiglia napoletana di artisti, debuttò a soli otto anni, appartenente alla stirpe degli attori formati a suon di repliche (3 o 4 al giorno) e teatri di ultima categoria. Appassionato di poesia tanto da pubblicare un volume di liriche in lingua napoletana nel 1967 dal titolo: Jamm ca mo’ s’aiza. A coronamento di una carriera strepitosa fu Mastro Ciliegia nella più bella e poetica messa in scena delle Avventure di Pinocchio diretta da Luigi Comencini.
E’ (secondo me) la spalla per eccellenza di Eduardo De Filippo, perfettamente in grado, però di spaziare su molti altri orizzonti. Eduardo faceva fatica a concedere i “propri attori” ma con D’Alessio il rapporto rimase sempre cordiale, forse per la grande professionalità e poliedricità di quest’ultimo. Con oltre 40 pellicole girate è un elemento importante della commedia all’italiana degli anni ’50 e ’60, anche se viene sicuramente da catalogarlo come grande attore di teatro, lo troviamo infatti in Questi Fantasmi, Filomena Marturano, Il sindaco del rione sanità per citarne tre, ma potremmo continuare. Il cinema però rappresenta per lui uno spazio dove il suo enorme talento viene messo al servizio anche di piccole scene, che rimarranno per sempre nell’immaginario collettivo. Una fra tante la vendita della fontana di Trevi che Antonio De Curtis in arte Totò gli rifila in Totò Truffa 62 di Camillo Mastrocinque.
Luigi Pavese: Il “caratterista” per eccellenza.
Se dovessimo scrivere un manuale del perfetto prototipo di questo ruolo, bisognerebbe esclusivamente studiare la vita e la carriera di questo straordinario attore. Per ogni pellicola in cui è apparso – più di 170 film all’attivo – potremmo dimenticarci il nome del film o la trama, ma ci ricorderemmo sempre le scene con lui protagonista. Di Asti, perciò lontano dall’immaginario geografico collettivo, fin qua descritto. Dotato di un inconfondibile timbro vocale, stimato e prolifico doppiatore (voce di Gary Cooper, fra tanti e di molti cartoni Disney). Esordì nel cinema nel 1916 giovanissimo con due film muti: La peccatrice e La vampa poi per fortuna l’abbiamo visto e apprezzato con il sonoro, altrimenti chissà cosa ci saremmo persi. A differenze delle usanze dell’epoca dove per approdare al Cinema, aver fatto molta gavetta teatrale era visto come un necessario atto da compiere, Luigi Pavese debutta soltanto nel 1921, sulle tavole di un palcoscenico importante: Teatro quattro fontane in Roma, oramai scomparso dallo scenario teatrale della capitale. Il suo modo di interpretare rappresenta un punto di partenza per ogni gag e occasione comica dei film che ha interpretato. Ad esempio basta guardare i ruoli: funzionari, avvocati, notai, commendatori tutti ruoli di potere con piglio autoritario a sostegno di attori come Totò per esempio, che faceva della “caccia” a queste figure un pilastro delle sue innumerevoli trame (oltre 20 film girati con il genio della risata napoletana). Celebre, anche per avvalorare la tesi elaborata in questo articolo: dei grandi attori e dei grandi caratteristi, ancora una scena con Totò, ancora da Totò Truffa 62… con l’attore napoletano nei panni di una provocante “Lola” nell’atto di turlupinare il padrone di casa (Pavese) dopo mesi e mesi di morosità.
Ma che fa lei con gli occhi…? Ma lei con quegli occhi mi spoglia… spogliatoio!
Paolo Panelli: Uno straordinario interprete…
Devo confessare di non riuscire a trattenere un briciolo di obiettività quando si parla di Panelli, per me è il migliore in assoluto, ha fatto tutto nella sua lunga carriera e per la formazione conseguita avrebbe potuto essere uno di quegli attori che restano per sempre nella storia e nella mente di chiunque. Paolo Panelli però è la chiave di come va interpretato lo show business moderno. Se ci fosse un’etica, una morale, un elogio continuo e costante al talento, oggi si cercherebbero i Panelli e non i cartonati. Attenzione quest’ultima è una mia considerazione personale, forse un po’ patetica, ma sicuramente tanto “romantica”. Romano, non a caso, nel senso che probabilmente questo ulteriore dettaglio, gli ha regalato qualcosa in più. Ha iniziato la sua carriera teatrale dopo essersi diplomato presso l’Accademia nazionale d’arte drammatica di Roma e aver mosso i primi passi sul palcoscenico come attore nel teatro di rivista. Ha legato la sua vita sentimentale e professionale alla straordinaria Bice Valori. In questa mini-carrellata di attori fatta fin qua, Panelli è l’unico ad aver utilizzato il mezzo televisivo nell’accezione più moderna e oramai quasi superata del termine. E’ un mattatore in tv, presenzia a tutti i più importanti varietà (in bianco e nero) che segnano il passaggio dal pubblico teatrale e cinematografico a quello televisivo. Vince il Microfono d’argento come miglior personaggio televisivo dell’anno per la conduzione di Canzonissima, assieme a Delia Scala e Nino Manfredi (quest’ultimo indicherà proprio Panelli come l’attore per eccellenza da qui in giovane età ha tratto più ispirazione). Il cinema è sicuramente un’altro baluardo della sua carriera con oltre 50 pellicole all’attivo. Senza mai dimenticare il Teatro, suo primo amore con la partecipazione a colossal del tutto italiani quali la prima edizione di “Aggiungi un posto al tavola” nel 1974 (Regia e scrittura di Garinei e Giovannini). A me personalmente piace ricordarlo nei tanti ruoli di “papà” con intercalare romanesco, spesso nei film di Montesano, uno fra tutti il Conte Tacchia (1982 – Regia di Sergio Corbucci) insieme a Gassman in una Roma ottocentesca e con due sublimi interpretazioni.
Gigi Proietti ha scritto in memoria dell’amico Panelli un sonetto, recitato durante i funerali in Roma del 21 giugno 1997.
In morte di Paolo Panelli
Era stonato Paolo, me ricordo;
e tutti ce ridevano, per cui
era difficile formà ‘n’accordo
quanno ner coro c’era pure lui.
Ma nun era da coro, era ‘n’solista!
E me sò sempre chiesto come fa,
e ce riesce solo chi è ‘n artista
a trasformà ‘n difetto in qualità.
Oggi lo benedico quer difetto,
che me consente, mentre n’addoloro,
de dedicaje l’urtimo sonetto.
Paolo nun ce sta più. Giuro su Dio
manca quarcuno che non sta ner coro,
e me sento stonato pure io.
Marco Giavatto
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