Pizzul nasce a Udine nel 1938, cresce con una grande passione per il calcio. Da giovane, gioca come centrocampista e attira l’attenzione dell’Udinese, squadra con cui debutta nel calcio professionistico. Tuttavia, la sua carriera da calciatore non raggiunge vette altissime, poiché diversi infortuni lo costringono a lasciare precocemente il campo. Questo evento, però, segna l’inizio di una carriera ancora più memorabile, quella di giornalista e telecronista sportivo.
Dopo la laurea in Giurisprudenza, Pizzul decide di intraprendere la strada del giornalismo. Grazie alla sua passione e al suo talento nella narrazione, nel 1968 viene assunto dalla RAI, dove inizia a commentare eventi sportivi locali prima di passare alle grandi competizioni calcistiche. La sua voce calda e il suo stile pacato conquistano rapidamente gli appassionati di calcio, rendendolo una presenza imprescindibile nelle telecronache. Pizzul tra ’80, ’90 e i primi anni 2000 è la voce ufficiale della Nazionale Italiana di calcio. Francamente ci dispiace doppiamente per le nuove generazioni, e non tanto perchè il calcio ormai è la pantomima di se stesso, ma perchè non sanno minimamente cosa vuol dire, mettersi ad aspettare una partita della nazionale, in una torrida serata d’estate o in un caldo pomeriggio di giugno\luglio a reti e finestre unificate, con una sola voce che riecheggia in tutto il quartiere, per le vie e quindi per la città: “PARTITI!”.
Purtroppo come spesso accade la storia è capricciosa, perciò nessun trofeo della nazionale viene effettivamente raccontato da Pizzul che inizia poco dopo la finale di Spagna ’82 e smette i panni di telecronista nel 2004, poco prima del mondiale 2006. La tecnologia l’avrebbe sopravanzato oramai infatti i segnali sky, tv e internet sono totalmente fuori sincrono è quindi probabile sentire qualcuno che esulta mentre al piano di sotto sono ancora in attesa di capire l’evoluzione dell’azione: che tristezza. In ogni caso Pizzul racconta alcune delle partite più emozionanti della storia azzurra. Da Usa ’94, passando per Francia ’98 e ancora la finale degli Europei del 2000, unica pecca per rimediare all’enorme delusione? Ricordare la sua voce.
Uno Stile Unico A differenza di molti telecronisti moderni, Bruno Pizzul si distingue per il suo tono equilibrato e la sua capacità di raccontare la partita con eleganza e senza eccessi. Il suo stile garbato, privo di esagerazioni, rappresenta un punto di riferimento per le generazioni di giornalisti che seguiranno. Nonostante la sua imparzialità, Pizzul non nasconde mai la sua passione per la Nazionale e il desiderio di vedere l’Italia trionfare nei grandi tornei. Il suo addio segna la fine di un’epoca per la RAI e per i tifosi italiani, che per decenni avevano seguito il calcio attraverso la sua voce. Nonostante l’addio alle telecronache, continua a collaborare con diverse emittenti televisive e radiofoniche, partecipando a programmi di approfondimento calcistico. Pizzul ha sempre mantenuto il garbo e l’eleganza anche sul piano della vita privata, evitando le luci della ribalta. Dopo il ritiro dalle telecronache, si dedica a conferenze, eventi sportivi e collaborazioni con giornali e televisioni. La sua esperienza e il suo stile inconfondibile lo rendono ancora oggi una figura rispettata nel mondo del giornalismo sportivo. La moglie Maria, soprannominata da lui stesso “La Tigre”. L’ha sempre accompagnato in tutti i suoi viaggi e per tutta la sua carriera.
E’ difficile parlare di eredità di Bruno Pizzul, molte sono le voci che negli anni ci sono rimaste impresse, sopratutto con l’arrivo della tv satellitare, potremmo affermare che dallo stile di Pizzul, tanti colleghi hanno tratto spunto per la proprie carriere, qualcuno con risultati a tratti storici e importanti (Vedi Caressa e Piccinini), qualcun altro facilmente dimenticabile. Forse per stile, pacatezza e linguaggio quello che negli anni me l’ha personalmente ricordato di più è Maurizio Compagnoni telecronista di Sky.
Pizzul rimane una delle voci più amate del calcio italiano per la sua capacità di raccontare il calcio con cultura, passione e competenza. Ancora oggi, il suo nome evoca ricordi nostalgici nei tifosi che hanno vissuto le sue telecronache, segno indelebile di una carriera straordinaria. Non è stato solo un telecronista: ma un’icona del giornalismo sportivo italiano, la cui voce resterà per sempre nel cuore degli appassionati di calcio.
In ultimo è stato veramente ridicolo assistere al mancato ricordo negli stadi in occasione della giornata di Serie A, per (speriamo) dimenticanza di una FIGC che dimostra, appunto… quanto i tempi in cui il calcio e gli italiani fossero una passione unica, sono ormai svaniti da tempo. Caro Bruno è stato tutto molto bello!
Marco Giavatto