L’Argante 189 Il Respiro di un Sogno Incompiuto

E’ ancora nelle sale il film del regista Andrea Segre: Berlinguer La grande Ambizione. In questa  visione ci si inoltra tra le pieghe della Storia per raccontare un uomo, un’epoca e un’idea. Il film non si limita a ripercorrere i passi del Segretario del Partito Comunista Italiano, ma costruisce un mosaico di luci e ombre, un affresco in cui la vita pubblica e privata di Enrico Berlinguer si intreccia con i tormenti di un’Italia sospesa tra sogno e disincanto.

Elio Germano interprete del Segretario del PCI E.Berlinguer

Il viaggio di un uomo, il travaglio di un Paese

L’opera prende il via nel 1973, con il drammatico attentato a Sofia, un episodio che non spezza la determinazione di Berlinguer, ma la scolpisce in una volontà ancora più ferrea. Da quel momento, il suo cammino si fa quello di un uomo che tenta di immaginare una strada diversa, una via democratica al socialismo. Lontano dai dogmi di Mosca e dai sospetti di Washington, il suo progetto è quello di rinnovare il tessuto economico e sociale dell’Italia, restituendo dignità al lavoro e speranza alle persone.

Ma è un viaggio segnato dal dolore. Il colpo di Stato in Cile, che soffoca il sogno di Salvador Allende sotto la repressione di Pinochet, si abbatte su Berlinguer come una ferita aperta. Eppure, proprio in quel fallimento trova nuova linfa per la sua convinzione: non c’è alternativa alla democrazia. La risposta, pensa, deve nascere da un’alleanza tra le anime popolari antifasciste, un fronte comune che vada oltre le divisioni ideologiche.

Un affresco di contrasti e tragedie

Segre non si accontenta di raccontare i fatti. Ogni scena è un frammento di un quadro più grande, dove la politica si confonde con la tragedia, e la speranza lotta contro il peso delle ingerenze esterne. C’è il chiaroscuro della sinistra italiana, prigioniera delle sue ambiguità, e il dramma delle stragi e degli attentati che insanguinano il Paese. C’è l’immagine di Aldo Moro, figura tanto vicina quanto distante, simbolo di una politica che, nel momento cruciale, sceglierà l’intransigenza al compromesso, condannando l’Italia a un buio profondo.

La domanda “Se vinciamo, cosa ci lasceranno fare?” aleggia come una nuvola sulle ambizioni del PCI, un grido silenzioso che anticipa le sconfitte di un futuro che non tarda ad arrivare. Persino l’unica unità raggiunta dalla classe politica, il rifiuto di trattare con i terroristi per salvare Moro, sembra l’epilogo di un’ironia amara: un’unanimità che arriva solo nel momento della resa.

Il ritratto di un’anima

Berlinguer, al centro di questo racconto, appare non solo come leader, ma come uomo. Il suo volto, segnato dalla serietà e dalla speranza, incarna una visione che guarda al domani ma è continuamente frenata dal presente. Segre non cede alla tentazione di trasformarlo in un’icona perfetta: Berlinguer rimane umano, con le sue incertezze e le sue difficoltà, ma anche con una purezza morale che lo distingue, un ideale che non smette di brillare anche nelle sconfitte.

Enrico Berlinguer

Una sinfonia incompiuta

Berlinguer – La grande ambizione diviene quindi una riflessione poetica sul tempo e sul destino. È la storia di un’idea che ha cercato di cambiare un Paese, di un uomo che ha portato il peso delle speranze di molti, di un’Italia che, allora come oggi, sembra incapace di osare fino in fondo.

Con pennellate evocative e una narrazione che si muove tra il documentario e il sogno, Segre ci consegna non una biografia, ma un ritratto vivo, pulsante, di un momento storico e del suo protagonista. Un racconto che ci ricorda, con struggente bellezza, che la vera ambizione non è vincere, ma continuare a credere.

Conclusioni

Aldilà del personale gusto cinematografico, il film ci lascia una consapevolezza agrodolce. Il ritratto di un uomo e degli uomini politici che fuori da ogni ideologia, hanno, con integrità, dedicato la loro vita e tutta la loro preparazione, a favore di un ruolo sociale. Ogni biopic storico-politico di questi personaggi ricordati, che coincidono, per la maggior parte delle volte, con storie rappresentative di un pensiero vicino al concetto di  sinistra ex: Esterno Notte, Hammamet… si scontrano con una critica opposta che dichiara l’inesistenza di film portavoci di un’ideologia di destra; annuallando ogni genere di partizione, una giustificazione all’ultima contestazione potrebbe esser data dal fatto che registi, scrittori, poeti e rappresentanti di una dimensione artistico-espressiva, hanno anche il dovere di farsi narratori responsabili di una società donando spazi di riflessione collettiva, ma per farlo, necessitano di esempi.

Per questo motivo è stato possibile in questa storia, mostrare una fragilità umana votata alla causa in cui, persino gli errori commessi da questi uomini sono sbagli umani e non da farabutti. Una condotta ideologica totale e rappresentativa di un pensiero collettivo dove il personale veniva sacrificato all’universale. Una guida coscienziosa dell’atto politico dove, inevitabilmente, la gente, i cittadini, potevano rispecchiarsi e sentirsi rappresentanti con coerenza.

Italia, anni ’70

Fa pensare però, quanto in sala, per questi film, si registri una presenza giovanile molto bassa, perché prevalentemente vengono visti da chi questa storia già la sa.

Allora ci si può domandare come trovare una chiave di narrazione accessibile per una generazione alla ricerca di un proprio valore in cui ritrovarsi con lo stesso coinvolgimento e sentimento che un tempo animava il fervore delle persone. In poche parole: un segno politico a cui affidarsi.

 

   Gaia Courrier.

Laureata in Progettazione di Eventi Per l'Arte e lo Spettacolo, dopo un master in sceneggiatura attualmente lavora nel campo editoriale.
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