Un tempo, i grandi filosofi ed i pedagogisti sostenevano che essere insegnanti significa portare in classe i principi che sono alla base della stessa possibilità di esistenza di una democrazia.
Quale sarà il futuro degli insegnanti e della scuola stessa? La cultura di oggi, la preparazione scolastica è la stessa di un tempo? Quali sono i cambiamenti portati dalla digitalizzazione e dall’intelligenza artificiale nei metodi di apprendimento del gruppo classe? Che fine hanno fatto l’empatia, l’umanità e la formazione dei nuovi cittadini nel mondo? Con queste domande vi forniamo spunti di riflessione su cui delineare la figura dell’insegnante e degli studenti. La figura dell’insegnante oggi, sempre più screditata del suo valore iniziale, si trova a dover svolgere compiti per lo più “esecutivi” anziché aiutare, appunto, le nuove generazioni “a crescere in umanità” e sostenere gli alunni ad acquisire la capacità attiva di “comprendere il mondo e avere gli strumenti per trasformarlo”.
Il problema sorge principalmente a causa dell’organizzazione del lavoro nei diversi istituti, seguito da ciò che è la reale aspettativa delle famiglie che ormai, all’interno della scuola, riescono a vedere solo ostacoli, portando di conseguenza a quel divario tra il classico insegnamento collettivo e il lavoro individuale dell’allievo; attraverso, ad esempio, la digitalizzazione che va sempre più ad oscurare sia la figura dell’insegnante sia quell’impegno sociale attivo di cui, da sempre, la scuola è stata portavoce, arrivando al punto di anteporre sempre più “la comodità degli adulti all’interesse superiore dei ragazzi”.
Philippe Meirieu noto pedagogista, professore di Scienze dell’Educazione presso l’Università Lumière Lyon con il suo breve saggio “Chi vuole ancora gli insegnanti?” apre una discussione sulla figura di ieri e di oggi degli insegnanti di ogni ordine e grado, sottolineando l’importanza della variabile umana “che accompagna ogni allievo nell’apprendimento”come la “capacità di comprendere l’altro” attraverso un rapporto diretto tra le persone.
Quali sono le riforme più urgenti secondo M. per rivalutare gli insegnanti ed il loro difficile compito?
“Sicuramente l’insegnante deve avere “ l’obbligo” dei mezzi e non dei risultati che deriva dalla sua deontologia professionale o da programmi che legittimamente lo stato gli fornisce.”
“C’è bisogno di una diversa organizzazione della scuola per definirla moderna. Oggi, Abbiamo scuole mastodontiche soprattutto con l’avvento dell’autonomia che, non possono funzionare. Se c’è un dirigente che ha 1500 allievi devono esserci anche figure diverse che possano fare la funzione del coordinatore didattico. Il singolo dirigente non può governare da solo, sia dal punto di vista didattico che gestionale.”
Un’altra proposta che M. fa è quella di uno staff d’insegnanti (4 o 5) ai quali dovrebbe venire affidato un gruppo di ragazzi, non per forza della stessa età, per organizzare con loro le attività di gruppo secondo i bisogni dei singoli studenti.
“ Non si può avere i migliori insegnati in servizio se questi stessi non sono formati oppure hanno solo qualche oretta di tirocinio.”
Oggi si parla di alta formazione scolastica in Italia, secondo le profonde analisi e riflessioni di Meirieu la formazione degli insegnanti per il momento è frastagliata .
L’intelligenza artificiale farà si che il ruolo degli insegnati diventi sempre meno decisivo, basterà un software qualsiasi per far imparare ai ragazzi come vivere nel terzo millennio?
“L’intelligenza artificiale non è un’intelligenza, risponde M. E’ un algoritmo che raccoglie tutti i dati presenti nella rete mondiale e ne fa una sintesi, quindi non si tratta di intelligenza ma, anche se lo fosse non potrebbe mai sostituire la figura dell’insegnante. La scuola è un luogo fisico, le ricerche che sono state fatte recentemente dopo la pandemia con gli insuccessi della didattica a distanza nonostante l’impegno di moltissimi insegnanti, dimostrano che i ragazzi per apprendere hanno bisogno di un luogo fisico e di stare in mezzo agli altri. I giovani, hanno bisogno di punti di riferimento empatici, relazionali, corporei della loro vita. Quindi la scuola in senso fisico non è sostituibile. Grazie, o per colpa “della scuola del management” conclude Meirieu, l’intelligenza artificiale sta prendendo piede tanto è vero che vanno di moda molte università e corsi online di ogni tipo: Google, Amazon, Microsoft, ecc. stanno pensando di introdurre softwar di questo genere che possano sostituire gli insegnanti . E’ una prospettiva possibile già in vigore da tempo che rischia certamente di distruggere la nostra coesione sociale e punta a dar spazio ad una società sempre più primitiva. Un pericolo grave per le nostre democrazie.”
Ritornando alla domanda iniziale, la cultura di oggi è la stessa di ieri?
L’italia è terra di cultura. Le origini etrusche greche e latine sono vere e proprie testimonianze sul territorio.
Ma secondo gli ultimi dati Istat “ Istituto Nazionale di Ricerca” i diversi aspetti della cultura sono alquanto scarsi. Gli italiani ad esempio leggono poco. Dal 2021 al 2024 l’Istat ha registrato una quota di lettori leggermente superiore rispetto all’ultimo anno pre-pandemia ma siamo comunque al 41,4 per cento. Quindi ben più della metà di chi ha almeno 6 anni l’età minima per accedere alla lettura, non ha letto nel tempo libero nemmeno un libro in un anno. Poi, chi legge, non va oltre i tre libri all’anno. Dato interessante, le donne leggono più degli uomini, ma è prevalentemente maschile la lettura dei quotidiani sebbene in forte diminuzione negli ultimi 10 anni. Anche le differenze tra Nord e Sud sono notevoli, nelle province autonome di Trento e Bolzano la quota di lettori supera il 0 per cento mentre scende a meno 24 per cento in Calabria. I lettori comunque si perdono soprattutto tra i giovani grazie alla concorrenza del web sono ormai abituati ad un tipo di fruizione diversa restando sempre connessi il che non aiuta la concentrazione che richiede la lettura di un libro.
Laura Privileggi