Forse non ci avete mai fatto fato caso, ma in molti film con Antonio De Curtis in arte Totò, persistono dei piani sequenza inimmaginabili per i nostri tempi. Il particolare sta nel fatto che non sono dei capolavori di regia, per intenderci non c’entrano niente con i piani sequenza di Tarantino (ad esempio) vedi Kill bil volume 1 (circa 2 minuti) o Pulp Fiction (circa 2 minuti e mezzo). In questi due casi c’è la firma del regista, in quelli invece di cui vi parlerò in quest’articolo, c’è altrettanta intelligenza registica, ma non vi è stile, né poesia cinematografica. Messa cosi sembra quasi che li voglia denigrare, al contrario, e infatti ho parlato di intelligenza da parte dei registi che fra poco vi citerò, staccare la cinepresa mentre Totò e la spalla di turno, si esibivano portando la loro incontrastata arte sul grande schermo, sarebbe stato un crimine contro l’umanità. In sostanza, i nostri più cari e più affezionati artisti, attori, comici e registi contemporanei, non hanno né gli strumenti, né gli attributi per pensare di potersi mettere a fare un operazione del genere. Tanto meno un produttore cinematografico di oggi accetterebbe qualcosa del genere. Per farvi un esempio, mi viene in mente un piccolo spezzone di dialogo tra Paola Cortellesi ed Emanuela Fanelli nel film osannato dalla critica e candidato a ben 19 David di Donatello (esagerati) C’è ancora domani.
Proprio perchè in bianco e nero forse: totalmente inutile il campo e controcampo. Non c’è un movimento di macchina, non c’è ragione di esistere. Anche dal punto di vista lavorativo questa scena viene almeno girata 4 o 5 volte, lunga totale (quasi mai utilizzata), piano Cortellesi, piano Fanelli, totale corta (Fanelli e Cortellesi). Elementare e superficiale, anzi appesantisce ancora di più un dialogo di per sé povero. In piedi l’una di fronte all’altra scambiano le battute ad una velocità (a mio parere) soporifera, forse sarebbe stato stilisticamente più indicato un piano sequenza, ma per principio non viene fatto, perchè catalogato come obsoleto, allora perchè il bianco e nero? Ah no quello è poetico, da un tono al film. Ma torniamo al tema principale di quest’articolo. Ho scelto proprio il film della Cortellesi come esempio perchè avrebbe voluto ricordare i film del secondo dopoguerra di cui Antonio De Curtis era sicuramente il Principe indiscusso. Per farvi vedere ancora di più la differenza che corre tra la bravura di Totò (e i vari Taranto, P. De Filippo, etc..) e quello che oggi ci viene proposto in mancanza di alternative concrete, vi farò qualche esempio.
Totò contro i quattro
É un film diretto da Steno, 1963. Soggetto e sceneggiatura di Bruno Corbucci e Giovanni Grimaldi eppure possiamo essere sicuri del fatto che i dialoghi recitati da Totò sono praticamente inventati, questo capiterà in ognuno dei film che avremo modo di vedere di seguito. Cosa ce lo fa pensare? Il piano sequenza, oltre che gli aneddoti diretti dei partecipanti che di volta in volta cambiano, senza però cambiare il risultato. Da questo film il titolo dell’articolo. Un ispettore di dogana Mastrillo interpretato da un magistrale Nino Taranto parla un italiano curioso, influenzato da un pugliese particolare, questo comporta una storpiatura costante delle parole. In cui Antonio De Curtis (Commisario Antonio Sparacino) sguazza come un pesce in mare aperto, tra le tante vi proponiamo una scena di quasi nove minuti, con soli due piani sequenza perchè è impossibile fermare Totò quando è stato dato il ciak e perchè queste scene non verrebbero mai uguali con campo e contro campo.
I Tartassati
Film del 1959, ancora una volta la regia è di Steno, soggetto e sceneggiatura di Steno, Fabrizi, Macari, Gianviti, Metz. cambia la spalla: Aldo Fabrizi. Con la partecipazione straordinaria di un grande attore francese: Louis de Funès . Qui Tortuquato Pezzella, una delle poche volte in cui Totò nei film non si chiama Antonio (curiosità). É alla prese con la tributaria oggi sarebbe la guardia di finanza, capitanata dal Maresciallo Topponi, ovvero Aldo Fabrizi appunto. Su questo film gli aneddoti si sprecano, più volte costretti a sospendere le riprese poichè i due non riuscivano a smettere di farsi ridere a vicenda. Molto amici nella vita, coppia fenomenale sul grande schermo. A differenza delle altre spalle, Fabrizi rappresentava il personaggio di cui Totò soffriva le azioni, mentre con tutte le altre è spesso lui il famelico istrione in grado di dirigere tempi e ritmi della scena. Il piano sequenza che vi propongo è piuttosto breve, vi sono molti più esempi nella versione completa del film. Qui si può in particolare apprezzare, come la tecnica cinematografica del piano sequenza, viene usata esclusivamente quando partono le suggestive ed esilaranti gag di Totò. Steno si concede un montaggio su Fabrizi, ma poi è di nuovo costretto a lasciare il campo largo, senza staccare quando entra in azione il principe. La frase chiave di questo film però è sicuramente:
Ma allora lei è Anti come me! […] Mi sarà scappato un Pro ma io sono Anti.
Antonio De Curtis – I Tartassati 1959, regia di Steno (a proposito della nostalgia fascista).
Totòtruffa ’62
Il film in realtà è del 1961, la regia stavolta è firmata da Camillo Mastrocinque (che dirigerà molti film di Totò). Sceneggiatura e soggetto di Castellano e Pipolo, (autori della maggior parte delle commedie cinematografiche italiane anni ’80). Con la partecipazione di una giovanissima Milena Vukotic (nel ruolo di una collegiale). Antonio Peluffo è un truffatore in grado anche di vendere la Fontana di Trevi ad un italo-americano in visita nella capitale, scena cult del film. Eppure la mia preferita, scelta per i nostri lettori è quella interpretata insieme a Luigi Pavese, spesso per così dire antagonista di Totò. (potrete approfondirne la sua conoscenza nel n.37 dell’Argante). Totò per sfuggire alle grinfie del padrone di casa, si traveste da Lola e da vita ad una delle scene più memorabili della commedia italiana, ancora un piano sequenza, seduti, il massimo della staticità possibile, eppure sarà impercettibile ad occhio umano (c’è in verità un accenno di montaggio, di pochi istanti, sullo sguardo di Pavese, chiaramente girato e inserito successivamente). Due sono i particolari, il primo: la pazienza! La pazienza dei co-protagonisti delle scene, disposti a subire senza mai lamentarsi, perchè come vedrete gli schiaffi erano veri e in questo Totò era molto simile a Stan Laurel ( o se vi fa comodo Stanlio). Ovvero ambedue avevano una propensione (passatemi il termine) alla violenza comica. A farne le spese erano sempre i co-protagonisti delle scene. Molti di coloro che hanno lavorato con Stanlio lo definivano a tratti pericoloso quanto imprevedibile, ed ecco il secondo particolare: l’imprevedibilità! La ritroveremo anche nel quarto spezzone. Frase chiave del film?
Lei con quegli occhi mi spoglia… spogliatoio!
Antonio De Curtis e Luigi Pavese – Totòtruffa ‘ 62, Regia di C. Mastrocinque (Lola).
Letto a Tre piazze
Ultimo accenno, ma non chiaramente in ordine di importanza è un film del 1960 ancora con la regia di Steno, soggetto e sceneggiatura di Vighi, Baratti, Fulci, Steno. Antonio Lo Cosimo, reduce della seconda guerra mondiale, dopo anni torna a piedi (a suo dire) dalla Russia, tutti nel frattempo lo hanno dato per disperso e morto, tanto è vero che la moglie Amalia si è risposata con il professor Castagnano. Dalle parole dello stesso regista:
Facevamo la presa diretta tutto in piano sequenza con dei rulli in macchina di trecento metri, e abbiamo avuto la sensazione che Totò sarebbe andato avanti. Peppino si doveva addormentare e lui guardarlo, poi dovevamo dare lo stop. Ma lui continuava a guardarlo, e non sentendo lo stop Peppino ha riaperto gli occhi e Totò ha improvvisato:«Ma sa che più la guardo e più mi convinco che lei non è affatto brutto sa?…»e da lì è nato tutto un altro pezzo…
Steno – Letto a Tre piazze, 1960.
La scena del letto con la migliore spalla di sempre per Totò, ovvero Peppino De Filippo è quindi la sintesi di tutto quello che abbiamo visto fino ad ora. In quanto a violenza e imprevedibilità ci toccherà, proprio sul duo, dare appuntamento ad un altro articolo in cui farvi vedere tutte le volte in cui Peppino ha subito, stando al gioco, per il bene dello spettacolo, le angherie del grande attore napoletano. Con l’ultima clip, vi salutiamo e vi ringraziamo per aver letto quest’insolito articolo digitale, impossibile da scrivere, senza l’aiuto di youtube. Siamo sicuri, vi sarete divertiti!
Marco Giavatto