La turnazione dell’Argante tra i redattori mi tocca il 12 Febbraio 2024, (per caso ho scambiato il mio turno con Stefano Chianucci che in verità mi ha proposto lo scambio), io ero indaffarato e non c’ho pensato più di tanto a cedere il turno e ora mi ritrovo a non poter scegliere, anche se non ne voglio parlare, ne devo parlare. Perchè? Perchè Sanremo è Sanremo! (Pensa un po’, mi chiedo se Chianucci abbia fatto un cambio tattico) Questa rivista si è sempre occupata di Sanremo per esempio con le classifiche di un altro nostro storico redattore: Simone Trevisiol (Speciale #Sanremo2022 – 3° Serata, era il 2022). Insomma non possiamo far finta di niente. Eppure credetemi non ci sarebbe molto da scrivere su quest’anno, possiamo affermare che sia stato un anno iper-super-noioso. (Non a caso, questa la capiranno in pochi)
Il fatto è questo: Sanremo o lo vedi o non lo vedi nemmeno per un attimo. Se lo vedi anche solo per un istante, il commento è automatico. Ci sono gli pseudo-intenditori di musica e non solo, i direttori artistici mancati, gli stilisti, i giornalisti, i simpaticoni, le merde etc.. etc..
Io poi appartengo a quella categoria di persone che più invecchia e più non riesce ad ascoltare la musica attuale, per cui sono completamente in disaccordo con chi critica la posizione della Bertè, poichè di lei, della Mannoia e di pochissimi altri ho almeno capito le parole. Non me le ricordo e me ne farò una ragione. Ma dovrebbero vincere solo perchè ho capito cosa volevano dirmi\cantarmi\trasmettere. Per cui facciamo così, salviamo il salvabile e cerchiamo di aggiungere qualche particolarità. Loredana Bertè alla sua dodicesima partecipazione, ottiene un ottimo piazzamento. La Mannoia è una straordinaria interprete e secondo il mio modestissimo parare tra tutti gli outfit visti è quella che mi è dispiaciuta di meno. Tutti a chiedersi perchè si è vestita da sposa nella prima serata di martedì, però anche sticazzi, sei a Sanremo, fra il suo pseudovestito da sposa e il pressoché obbrobrio altrui… meglio lei!
Salvo, anche se mi ha stancato (sembrerebbe un paradosso ma non lo è) la conduzione di Amadeus. Nella sua impostazione Pippo Baudiana, non c’è niente da fare, tutto funziona. Ci mette sicurezza, anche quando la scaletta indica i Jalisse, nella serata delle cover alle una e cinquantasette di notte. Le malelingue lo individuano come un fine calcolatore, pare infatti che più la tira avanti con l’orario più i dati sull’auditel vanno nella sua direzione. L’ultima serata infatti punta dritta alle 3 di notte, è un segnale inscalfibile di questi ultimi 5 anni. Per batterlo non solo chi verrà dopo di lui dovrà fare le stesse percentuali ma dovrà anche staccare la diretta alle ore 4 del mattino. Impossibile in pratica. C’è una grande massima però che va sempre rispettata ovvero: Nuovo è sempre meglio! Quanto meno sappiamo già che chiunque ci sarà il prossimo anno, altro non è che un fottuto agnello sacrificale. Sopratutto se a decidere sarà quel manicolo diversamente artistico dei dirigenti Rai meloniani, preparatevi a Pini Insegni, Cuccarini destrorsi e gente altamente improponibile. Si lo stiamo già aspettando e ci divertiremo: sarà il caos. I Sanremo più ricordati però sono proprio quelli. Per il resto le gag hanno toccato il fondo, la squadra d’autori sembra più annoiata di noi che vediamo lo stesso festival da 5 anni, gli ospiti e i cosidetti co-co poco incisivi a parte qualcuno (uno fra tutti il mortorio scaturito da Mengoni durante la prima serata, direi un pizzico imbarazzante, anche se chi si presta è pur sempre da ammirare).
Salviamo (sempre secondo il nostro misero parare), Angelina Mango e con lei tutto un trenino di situazioni che apparentemente non sembrano c’entrare niente ma che invece derivano tutte dalla stessa matrice. Non impressiona con la sua canzone, impressiona nella serata delle cover, perchè canta con cognizione di causa qualcosa che sa, e qualcosa in cui crede. Per intenderci è proprio questo di cui sentiamo la mancanza, nemmeno i Negramaro riescono a graffiare da questo punto di vista, sembrano troppo appagati dalla loro attuale condizione. Ci credono i Ricchi e Poveri ma convinceranno il pubblico dell’est-europa, con tutto il rispetto, dove da anni continuano a spadroneggiare con le loro tournèe. (Mannoia e Bertè già citate) Ci crede Giorgia e ci fa credere pure a noi in un mondo musicale italiano migliore, ma è miraggio. Le ultime uscite, gli ultimi singoli, gli ultimi brani cantati sono un perenne inseguimento ad una musica che non comunica con nessuno, per cui ci incanta si, ma con il repertorio di 20 anni fa. Su Annalisa mi rifiuto di esprimere un giudizio, com’è che una quasi 40 enne canti e balli ancora canzoni per sedicenni, io non me lo spiego. Ma ricordatevi la premessa secondo cui sto invecchiando e sopratutto è sempre vera quella storia in base alla quale più vai avanti e più finisci per ascoltare gente defunta che non ti può più deludere o scopri pezzi che prima ignoravi e comunque sono stati scritti una trentina d’anni fa.
Emma, Alessandra Amoroso sono ancora nella fase in cui una canzone vale la non esclusione da Amici: inconcludenti! Diodato si accompagna a Giuliano Sangiorgi, avrebbe potuto o forse dovuto far di più, però siamo rimasti al 6 politico. Non pervenuti Dargen e Mahmood, (del resto a me non è mai piaciuta nemmeno Brividi, vedi esibizione euro-festival) i The Kolors devono molto a Cristina D’avena che in un giorno di pioggia incontra Daniele Silvestri per caso. Devo dire che del resto non saprei cosa scrivere, a parte della compagine denominata Il Volo, a cui vorrei porre un quesito: Perchè?
Ultime due considerazioni, la prima: la scenografia è un misto fra un essere di qualche razza sconosciuta incontrata durante i viaggi dell’Enterprise in Star Trek The Next Genaration e un utero, con tanto di tube di Falloppio. Ai più poetici e meno acidi ricorda lontanamente una farfalla. A voi lettori la scelta, potrebbe essere uno di quei test psicologici con l’inchiostro che dice molto della vostra\nostra personalità. Forse sarebbe meglio non indagare, ma siamo in un paese libero (forse)!
Due: caro Amadeus se pretendi di farci aspettare le tre di notte per sapere chi ha vinto, la classifica degli ultimi 5 te la puoi anche infilare nel… taschino della giacca. A proposito che fine avranno fatto tutte le giacche brillantinose degli ultimi 5 anni di Festival di Amadeus? Che destino hanno? Vengono riciclate o messe nell’apposito cassonetto della Caritas e rivendute al mercato nero in qualche mercatino del sud Italia? Parliamone! Ma non adesso per carità, quest’articolo ha già stancato più o meno come il Festival di quest’anno. Vogliamo tutti e 30 i nomi, vogliamo quella storia secondo cui, l’anno scorso sei arrivato ultimo e poi hai venduto i dischi. Tutto è legato ad un fine artistico, altrimenti il trentesimo inconsapevole continuerà a fare canzoni di merda. Basta con questo buonismo. Chi è flop e flop, non per impartire un umiliazione, ma per stimolare questo piattume musicale di cui sinceramente si è passato il limite di non ritorno.
In certi corridoi, quartieri, zone geografiche mi avevano dato la dritta per qualche scommessa certa, poi si è capito l’affare quando venerdì, incomprensibilmente ha vinto Geolier e si è ridotto tutto a pernacchie e fischi. Poi per fortuna non è finita in tragedia. Un appunto sugli odiatori seriali: il ragazzo era così affranto di non vedere l’ora di tornarsene nella sua Napoli e ci crediamo. Una statistica di FanPage, ha rilevato che ogni 10 commenti, 4 erano insulti anti-napoletani. Angelina Mango è di Maratea, 208km più a sud di Napoli. Ma la cosa si spiega così: nella testa di ognuno di noi, che viviamo perennemente nell’epoca in cui un lieto fine da film ci deve svoltare l’esistenza, si era istaurata una logica: la ragazza figlia di… Mango deve vincere, perchè ci ha fatto commuovere e i napoletani che chiamavano a duecento a duecento, fin quando non sono diventati dispari, tanto che il televoto si è intasato erano i nostri antagonisti. La favola doveva compiersi e il bruto era un ragazzo di Napoli, dobbiamo ammettere un po’ trash, però sano, anche lui con la voglia di vincere un festival. Vi torna la narrazione? Ah no!? Ipocriti… ci rileggiamo il prossimo anno.
Marco Giavatto