Riflettendoci, non poteva che essere Milano, città internazionale, ad ospitare la mostra di Jheronimus Bosch. L’antica Mediolanum dominata durante il corso dei secoli da Celti, Goti, Romani, Lombardi, Spagnoli e Austriaci, oggi ospita il grande genio fiammingo. L’esposizione inaugurata nello scorso mese di novembre offre ai visitatori una preziosa selezione di quadri che coprono temi ed epoche storiche diverse. Bosch è certamente uno dei pittori più iconici dell’arte europea a cavallo tra il millequattrocento ed il millecinquecento grazie alla particolarità delle sue rappresentazioni costellate da creature mostruose e visioni oniriche. Scopriamo chi era questo enigmatico artista ancora oggi molto discusso.
Jheronimusi Bosch pittore fiammingo, nacque a ’s Hertogenbosch il 2 ottobre 1453 e morì nella stessa città, dove visse per tutta la vita, il 9 agosto 1516. Le informazioni biografiche sull’artista sono povere e lacunose. Per lui parlano i suoi quadri ricchi di mistero, fascino, alchimia, inquietudine e perché no, modernità.
La fama di Bosch non iniziò nelle Fiandre dove l’artista era nato, ma in Europa meridionale. La sua notorietà ebbe origine nel mediterraneo, nella Spagna e nell’Italia del Cinquecento. Sarà proprio in Italia che il linguaggio fiabesco di Bosch e dei suoi seguaci, protagonisti di un “altro Rinascimento” troveranno il terreno più fertile e maturo per crescere e diventare modello figurativo e culturale per quel tempo e per molte delle generazioni di artisti successive a distanza di secoli.
Infatti, lo stile dell’artista se così possiamo definirlo, affermatosi in Europa, si rifletteva in una serie di spettacolari opere d’arte realizzate in molteplici tecniche e di varie provenienze. Le stampe di Pieter Brugel il Vecchio in particolare, il più importante seguace di Bosch presente in mostra a Milano con una decina di incisioni derivate dalle sue composizioni. É la prima volta che Milano rende omaggio al pittore fiammingo grazie alla direzione artistica di Palazzo reale e Castello Sforzesco. Bosch, è stato detto dai critici, rappresenta l’emblema di un rinascimento alternativo, lontano dal rinascimento governato dal mito della classicità, ed è la prova dell’esistenza di una pluralità di rinascimenti, con centri artistici diffusi in tutta Europa. I curatori della mostra sono tre: Bernard Aikema, già professore di Storia dell’Arte Moderna presso l’Università di Verona; Fernando Checa Cremades, professore di Storia dell’Arte presso l’Università Complutense di Madrid, già direttore del Museo del Prado; Claudio Salsi direttore Castello Sforzesco, Musei Archeologici e Musei Storici, docente di storia dell’incisione presso l’Università Cattolica di Milano.
Sappiamo che Bosch è autore di pochissime opere universalmente a lui attribuite e conservate nei musei di tutto il mondo. Proprio perché così rari e preziosi, difficilmente i capolavori di questo artista lasciano i musei cui appartengono, e ancora più raramente si ha la possibilità di vederli riuniti in un’unica esposizione. Palazzo Reale mette in dialogo capolavori tradizionalmente attribuiti al Maestro con opere di altri pittori fiamminghi, italiani e spagnoli. Il confronto ha l’intento di spiegare al visitatore quanto l’altro Rinascimento, non solo italiano e non solo boschiano, negli anni coevi o immediatamente successivi, influenzerà grandi artisti come Tiziano, Raffaello, Gerolamo Savoldo, Dosso Dossi, El Greco e molti altri. Ma, entriamo nel vivo della mostra: Palazzo Reale apre le sue porte al pubblico e, fra gli assoluti capolavori, nella prima sala, davanti ai nostri occhi, incontriamo uno dei trittici più famosi: “Le tentazioni di Sant’Antonio” proveniente dal museo Nacional de Arte Antiga di Lisbona. Le tre tavole rappresentano uno spettacolo fantastico di mostri e creature inverosimili di ogni sorta, costruzioni architettoniche improbabili ed un enorme incendio sullo sfondo. Tutto ruota attorno alla figura di Sant’Antonio molto provato ma fermo nella sua fede in Cristo. Lungo i corridoi e le altre sale espositive, possiamo ammirare le visioni apocalittiche del pittore fiammingo nell’opera monumentale proveniente dal Groeningemuseum di Brugel intitolata il “Giudizio Finale”. Si tratta del trittico dedicato al destino di ogni peccatore che, secondo Bosch, andrà incontro inevitabilmente dopo la morte. Le immagini mostrano l’inferno che si estende dallo sportello destro a tutta la tavola centrale: c’è una città spettrale in fiamme, con molte figure grottesche. Nella terribile visione, il mondo è perduto nel peccato. Il giudizio finale, è identificato dall’immagine di Cristo chiusa in una sfera quasi vitrea tra il coro degli angeli musicanti. La rappresentazione del paradiso terrestre invece, segue un’iconografia consueta . C’è la chiave della salvezza dell’umanità, alludendo al sacrificio di Cristo.
Una delle opere più famose della produzione boschiana è sicuramente “Il Giardino delle delizie” esistono repliche tessili e grafiche come la tavola esposta che appartiene alla scuola dell’artista. In essa viene raccolto un vero e proprio microcosmo di personaggi e soprattutto di animali come cavalli, cammelli, pesci ed enormi uccelli cavalcati da peccatori. La lussuria viene rappresentata da elementi tratti da un immaginario tardo medievale attraverso scene che oggi potrebbero sembrare quasi innocenti. Il percorso espositivo presenta un centinaio di opere d’arte tra dipinti, sculture, arazzi incisioni, bronzetti e volumi antichi, oggetti rari e preziosi provenienti da wunderkammern, espressione appartenente alla lingua tedesca, particolari stanze delle meraviglie dove i collezionisti dell’epoca erano soliti a conservare oggetti di natura straordinaria. Bosch è stato un realista? Un visionario? Un surrealista? Domande che ancora attendono risposte attorno ai simboli provenienti da tradizioni medioevali e alle miniature rinascimentali da lui rappresentate. Sicuramente è stato una fonte d’informazione per alcune correnti artistiche tra le più importanti dell’ottocento come il simbolismo e l’espressionismo tedesco. I testi parlano di un uomo profondamente religioso che predicava attraverso le sue opere, timorato da Dio ossessionato dalle paure dell’esistenza umana, dal peccato e dalla condanna eterna dell’inferno. Traspare nelle sue opere una forza espressiva sorprendente: figure, sagome bizzarre, variazioni stilistiche maturate in un uomo che col suo talento attinge da una società in evoluzione e quindi conflittuale, un artista con un animo tormentato esattamente come il suo tempo. Insomma secondo molti studiosi per poter capire Bosch dobbiamo rivolgerci a Freud e alla teoria psicoanalitica classica. Possiamo concludere che Jheronimus Bosch oltre ad essere stato uno dei grandi maestri della pittura fiamminga è il testimone di come l’arte possa rappresentare in modo profondo gli stati d’animo di ognuno di noi, i nostri conflitti interiori, i nostri istinti, le nostre repulsioni, usando solamente il pennello, le forme ed i colori.
Laura Privileggi