Di solito chi torna sui propri passi nella vita, nello sport come nell’arte è praticamente spacciato! (Gli esempi si sprecherebbero) Pensateci bene, chi ha toccato vette importanti e poi passato un tot di tempo, ha voluto ripercorrere certe gesta, finisce per suscitare sentimenti come nostalgia (di quel che è stato fatto meglio), compassione e spesso attira critiche più o meno cattive. Bellocchio si supera però, lo fa con un po’ d’astuzia, raccontando “l’esterno” della “notte italiana”, si ma non è per questo che spiazza i pronostici, no! Colpisce la capacità di adattarsi ai tempi, come se fosse sempre fresco, arrivato oggi. In grado di utilizzare un linguaggio adeguato agli anni in cui siamo e lo si vede attraverso la musica, la fotografia, i mezzi tecnologici utilizzati per girare, le trovate spettacolari al montaggio (mix tra le vere immagini del ’78 e quelle da lui girate). Tutti ci siamo chiesti il perchè di questo ambizioso e allo stesso tempo rischioso progetto, la risposta è semplice: a quel Buongiorno, Notte mancava una parte di storia essenziale, per cui a distanza di 19 anni sono serviti ben due film (Sei puntate da un’ora) per chiudere il cerchio. Altresì giuro di capire perfettamente le critiche della figlia di Moro (qui l’intervista in dissenso al film), ma non è certo Bellocchio a depistare, la storia è storia e non si tocca… per carità! Quello che questo capolavoro fa è l’opposto dell’imbrogliare le carte, a mio modesto parere risveglia i sensi, i ricordi (già confusi) e riporta le responsabilità di tutti i protagonisti sul banco degli imputati, quasi a “processarli”, per obbligarli (vivi o morti) anche contro la loro stessa volontà ad assumersi quelle colpe mai veramente portate sulle loro spalle. Nonostante i personaggi ripetano come un mantra una sola grande frase: “faremo di tutto per salvarlo\faremo di tutto per Aldo”, nessuno dopo quello che abbiamo visto può veramente dire onestamente che ha fatto di tutto o forse qualcosa perchè ciò non accadesse.
A Gifuni (Moro) tanto di cappello…
Gifuni compie due capolavori in un colpo solo: il primo è quello di calarsi totalmente nel personaggio come solo pochi attori sono riusciti a fare in questo paese, la sua è una trasformazione fisica di sapore “americano” (vedi Daniel Day-Lewis o Joaquin Phoenix per citare forse i migliori due “trasformisti” attualmente in vita), ricorda i livelli praticamente inarrivabili di Gian Maria Volonté, la sua abnegazione è quasi commovente (se contiamo la prima data di avvicinamento al personaggio – Torino, Inaugurazione del 31° Salone Internazionale del Libro – 9 maggio 2018 [Con il vostro irridente silenzio] e la fine delle riprese del film: giugno 2021), tre anni in cui è diventato naturalmente Moro. In secondo luogo fa tutto questo per essere un pezzo (essenziale) della storia, non il totale e indiscusso protagonista. Anche in questo caso, bisogna elogiarlo e va sottolineata la generosità inusuale dell’attore contestualizzata ai tempi che corriamo. Fabrizio Gifuni si concede totalmente a questo progetto e i risultati sono strepitosi.
Bellocchio e la sua coerenza… tutt’altro che “democristiana”.
Partiamo da una certezza, c’è coerenza nel pensiero di Bellocchio: è vivo il Moro di Buongiorno,Notte interpretato da Roberto Herlitzka, ed è altrettanto vivo questo Moro, lo sappiamo subito fin dai primi minuti. Il Presidente della DC viene portato in un ospedale psichiatrico (o qualcosa del genere), attuando uno dei reali protocolli possibili in caso di avvenuta liberazione. Da una “prigione all’altra”, quando un detentore di segreti di Stato (più che un ex politico di vertice), sfugge alle grinfie del cosidetto tribunale del popolo è in ogni caso spacciato, si forse lo Stato lo farà vivere ma a patto e condizione che sparisca dalla vita pubblica, che cessi di esistere in qualche modo…anche da questo messaggio che Bellocchio vuole dare agli spettatori, possiamo dedurre che per Moro, in ogni caso… vivo o morto: non ci sarebbe stato scampo!
Il caso Moro, la storia che conosciamo tutti… o quasi!
Volendo poi entrare nel dettaglio della storia, si evince che la “stoica fermezza” dello Stato italiano o meglio dei politici di quel preciso momento storico, è senz’altro finta, priva di ogni fondamento… la prova sta nella strategia della “pazzia” di Moro, ma anche nei miliardi raccolti dalla chiesa (accettati dallo Stato) e portati in mano alle BR, senza particolari problemi. Tutti questi “giochi” (mosse e contromosse), risulteranno privi di umanità innanzitutto e in secondo luogo, sono la sintesi di un “pensiero politico” (o politicante) nel significato più dispregiativo del termine. Lo Stato non appare al di sopra delle parti nè tanto meno democratico. Nel non voler guardare in faccia la realtà si sedimenta il seme, oggi più che mai maturato del totale distacco da parte delle persone comuni verso le istituzioni. Viste, proprio a partire da quel contesto, come un antico e cariato regime. Detenere il potere inattaccabile qualsiasi sia la via percorsa, questo e solo questo era il primo e l’unico obiettivo dell’allora Democrazia Cristiana. (Ricordiamo che all’epoca sarebbe stato impossibile muovere determinati giudizi nei confronti degli uomini che presero certe decisioni e che in tutta onestà, possiamo dire… condannarono a morte Moro). La censura mediatica e “civile”, faceva parte della vita di ogni singolo cittadino, proprio in quel giovane Stato democratico e repubblicano, nato dalle ceneri di una dittatura (che viveva ancora negli uomini di vertice di taluni organi istituzionali e talaltri apparati militari, come si è visto) incapace di dimostrare il totale distacco da ciò che era stato non molto tempo prima.
Il tocco e l’idea del regista attraverso… le immagini, la fotografia, la musica!
Nella 5° puntata, intitolata Eleonora a mio avviso avviene la perfezione. C’è un tocco cinico del regista che però denota tutta l’inutilità della classe politica italiana. É bene precisare che all’epoca più di ora, fare politica contava qualcosa di reale per il paese e per le sorti europee e internazionali o meglio probabilmente l’Italia, aveva ancora un ruolo importante e allora possiamo cogliere la rilevanza di ogni singolo personaggio, rispetto a quelli contemporanei che hanno ormai le sembianze di fantocci veri e propri. Proprio su questo principio, Bellocchio interviene deridendoli semplicemente mostrando la loro vera natura. C’è un passaggio che va dalla confessione di Eleonora Moro proprio nello stesso momento in cui il marito viene rapito dove lamenta di una mancanza di praticità nella vita reale dello stesso Moro, in grado di scrivere un discorso agli italiani, tutto il giorno e tutti i giorni, ma incapace di trovare due parole per non far litigare i figli e poi la storia continua mostrando i colleghi di Moro a far visita alla stessa moglie tutti con discorsi formali e istituzionali, perfino il presidente Leone appare come un individuo incapace di dire veramente ciò che pensa di fronte a quello che sta capitando. Tutti sono in perenne comizio, in costante ricerca della frase istituzionale da far rimanere stampata da qualche parte per il futuro… ed Eleonora Moro, non ci crede… non crede a niente di quello che le viene detto, si mostra indispettita (come tutti saremmo) di fronte a quel propagarsi di formalità vuota e completamente inutile.
Il cast è pieno di conferme, ma anche si soprese…
A cominciare da Margherita Buy (spesso etichettata come attrice monotematica), tutti sorprendono… Fausto Russo Alesi nel ruolo di Cossiga rende perfettamente l’idea di quel bipolarismo di cui parla Moro. Spaventato forse di seguire le sorti del presidente della Dc, originariamente dispiaciuto, aggrappato a santoni e medium per tentare di scoprire quello che in realtà sa già. Gigio Alberti, (da sempre personalmente stimato) offre un’interpretazione di Zaccagnini sopraffina, il tutto e il niente dello Stato, le lacrime (incosapevolmente finte), il totale distacco dalla realtà. Tutti gli attori insomma, offrono il meglio del loro talento… se proprio devo dirla tutta, un “solito” Servillo, forse colpa del ruolo… forse di tutto quello che gli è girato intorno… ma è pur sempre una sicurezza. Guardatelo! Ora…
Marco Giavatto