Definire chi è Alejandro Jodorowsky da quello che ha realizzato e tuttora realizza (dall’alto dei suoi 93 anni) risulta praticamente impossibile. Figura eclettica, magnetica e controversa, esige di diritto un posto d’onore nel del panorama culturale contemporaneo. La sua esistenza è un continuo fluire tra arte, spirito e materia travalicando qualsiasi convenzione sociale o culturale. É stato marionettista, collaboratore e assistente di Marcel Marceau, fondatore del movimento-non-movimento “Panico” insieme a Fernando Arrabal e Roland Topor, attore e regista icona della controcultura degli anni Settanta, fumettista, autore letterario e maestro incontrastato di Tarocchi e Psicomagia. La sua vicenda umana, i suoi viaggi, i suoi incontri, si intrecciano a doppio nodo con la sua produzione artistica.
Per Jodorowsky l’arte è lo strumento attraverso il quale possiamo liberarci superando i nostri limiti in una esplorazione costante e profonda della nostra interiorità. L’arte non è legata al denaro né una ricerca solitaria,
L’arte è il rumore che fanno le onde sulla superficie dell’oceano: un fenomeno che proviene dagli abissi più profondi, una propagazione di energia che nasce dalla coscienza universale e che possiamo percepire solo quando siamo in comunicazione con la nostra parte Divina.
Il teatro Panico
Jodorowsky lascia Tocopilla, città che lo ha visto nascere, quando è ancora molto giovane preferendo cercare esperienze di vita tra i poeti cileni di Santiago o in Messico dalla Curandera messicana Pachita (dalla quale trarrà insegnamento per la sua personale arte di curatore). Negli anni ’60 si trasferisce a Parigi dove va con la precisa intenzione di “salvare il Surrealismo”, troppo “imborghesito” e politicizzato. Proprio per questa volontà di recupero delle origini pure del surrealismo distillato dalle pagine di André Breton, fonda insieme a Fernando Arrabal e Roland Topor il collettivo artistico del Movimento Panico: ispirato al “teatro della crudeltà” di Antonin Artaud questo gruppo scuoteva e provocava con vigore il suo pubblico attraverso performances teatrali scioccanti, oniriche, spingendolo oltre ciò che stava guardando fino a raggiungere l’autocoscienza. Gli happenings del movimento erano progettati per essere sconvolgenti e violenti e miravano a liberare le energie distruttive in cerca di pace e bellezza. Il teatro con loro cessava di essere una distrazione per diventare terapia collettiva, prima vera sperimentazione di quello che sarà poi successivamente la Psico Magia.
Il cinema
Jodorowsky comincia a farsi conoscere dal grande pubblico grazie ai suoi film: 1968- Il paese incantato, 1971-El topo, 1973-La montagna Sacra(in questi due ultimi film compare come attore protagonista), 1988-Santa Sangre. Sono film che rinunciano apertamente ad ogni logica, contaminati da colori e scenografie profondamente evocativi che abbattono apertamente il confine tra reale e surreale nel tentativo di scardinare il pubblico, di scuoterlo per avvicinarlo ad una Verità ancestrale.
In questa visione di Arte come percorso di crescita interiore Jodorowsky ha incontrato il Maestro dello spiritualismo artistico e musicale italiano Franco Battiato con cui ha collaborato come attore in due film: Musikanten del 2005, dove interpreta Ludwig van Beethoven, e Niente è come sembra, del 2007. Nel 2013, a vent’anni dalla sua ultima opera cinematografica viene distribuito La danza della realtà, tratto dalla sua autobiografia. Nel 2016 esce nelle sale cinematografiche il film finanziato con una campagna di crowdfunding Poesia senza fine e nel 2019 il documentario Psicomagia: un’arte che guarisce.
Dune
Nel 1975, dopo il successo internazionale de La montagna sacra, Jodorowsky inizia la preparazione di Dune: un riadattamento cinematografico tra psichedelia e ricerca spirituale del romanzo di fantascienza di Frank Herbert. Nonostante il progetto fosse fuori dal comune, riuscì comunque ad incassare quasi dieci milioni di dollari di finanziamenti e, nell’attesa di trovare i soldi mancanti per arrivare al notevole budget di venti milioni, la macchina si mise in moto. I nomi del cast sono pazzeschi: Mick Jagger, David Carradine, Orson Welles, Udo Kier e perfino Salvador Dalì, ingaggiato per 100.000 dollari l’ora e una serie di condizioni incredibili. Le musiche sarebbero dovute essere dei Pink Floyd; per i costumi e le scenografie e per lo storyboard del suo Dune Jodorowsky scelse invece il fumettista francese Jean Giraud, alias Moebius,
Alejandro Jodorowsky e Jean Giraud elaborarono insieme, come abbeverandosi ad una febbrile e comune sorgente artistica, 3.000 disegni nei quali la visione di Dune assunse una forma destinata a cambiare la fantascienza per sempre. Era un lavoro smisurato, ma che aveva costi altrettanto immani. Due milioni dollari furono investiti solo in pre-produzione spaventando così i finanziatori che si ritirarono ancora prima dell’inizio delle riprese. Il progetto purtroppo non vide mai la luce. Sulla vicenda esiste anche un documentario del 2013 Jodorowsky’s Dune, diretto da Frank Pavich.
Il fumetto
Dopo la collaborazione senza sosta per Dune, la sinergia tra Moebius e Jodorowsky era ormai assoluta, così non passò troppo tempo prima che ricominciassero a lavorare assieme. Si spinsero però stavolta nel mondo del fumetto con Gli occhi del gatto, uno strano volume − inizialmente non destinato alla vendita − stampato su carta gialla da Les Humanoïdes Associés.
La loro collaborazione funzionò tanto che da lì a tre anni il loro primo vero lavoro (il fumetto L’Incal che vide la luce nel 1981 e concluse la sua corsa sette anni più tardi con l’uscita del sesto volume) avrebbe letteralmente fatto saltare il banco delle aspettative; ritenuto dagli addetti ai lavori la più folle e visionaria space opera di sempre, L’incal permette a Jodorowsky, anche attraverso il suo linguaggio anticonvenzionale, di seguire ancora una volta la sua bussola di ricerca e studio dell’evoluzione umana. Egli infatti riteneva il protagonista del suo fumetto «il maestro interiore che tutti ci portiamo dentro». Tra il 2004 e il 2011 inoltre continua a perseguire la strada del fumetto collaborando con l’artista Milo Manara per I Borgia, una saga suddivisa in quattro volumi che racconta le vicende della famiglia reale, accentuandone gli aspetti più scandalosi e controversi.
Il viaggio del Matto alla conquista del Mondo
Nel suo viaggio in questo mondo Jodorowsky ha reso esperienza palpabile l’Arte in tutte le sue forme restituendola come contributo per il risveglio dei suoi fruitori. Ha vissuto la sua vita seguendo il suo ingombrante Ego ma con una generosità senza pari. Ha devoluto ogni sua spinta artistica alla ricerca spirituale a servizio dell’umanità. Ha spaziato in ogni campo e ha comunicato con ogni mezzo possibile. Si è connesso con gli altri attraverso la pellicola, la carta, le parole, le immagini; ha perseguito il suo fine terapeutico trasformando l’atto teatrale in cura dei traumi dell’uomo attraverso la Psicomagia (di cui qui non trattiamo ma se non sapete cosa sia vi consiglio di documentarvi perché ne vale davvero la pena). Ha indagato l’occulto sin dall’inizio della sua vita e lo ha reso fruibile attraverso i Tarocchi di Marsiglia (su cui ha fatto ricerche di anni curandone il restauro in collaborazione con Philippe Camoin -erede dei maestri fabbricanti di carte marsigliesi-).
E proprio come il protagonista del suo mazzo di carte preferito, Il Matto (personaggio che simboleggia l’energia senza confini), Jodorowsky ha viaggiato incontrando ed elargendo energie, pronto ad arrivare all’ultima tappa, la carta numero 21, Il Mondo, nel quale troverà (o più probabilmente ha già trovato) compimento e realizzazione.
Serena Politi