Sulla scia della volta scorsa, (link L’Argante #72 || Pazza famiglia: altri tempi, altre serie!) mi sono detto che era il momento di parlare di una cosa a me cara:
“Sorriso, rise, risata comemevièdaride…”
Per prima cosa è importante ritrovarsi davanti ad un foglio bianco, seguono dieci minuti abbondanti di sguardi reciproci: io guardo lui, lui (il foglio) guarda me. E’ l’imbarazzo iniziale, tipico delle cose comiche, bisogna rompere il ghiaccio, anche se fosse con uno scarabocchio, vincere il foglio bianco a tutti i costi. Selezionare l’argomento è il secondo passo, dopodiché con molta cura scrivere un incipit accattivante. So per sentito dire che i primi cinque o sei secondi di un’esibizione sono cruciali. Cioè sarebbero quelli che occorrono per raggiungere il microfono, il centro della scena o quello che è; qualcuno afferma che in quei pochi istanti il pubblico decide se gli interessi o meno. Se mi posso permettere questo pubblico è un tantino esigente, anche perché capita di sorprenderlo a ridere di cose che obiettivamente non fanno ridere… poi fanno gli schizzinosi per come entri, ma non scrivo per far polemica.
Ma cos’è un comico?
Ecco, il “ridicolo” sta come un funambolo su una linea sottile.
Chi di noi non ha paura di mettersi alla berlina, in alcune o in tutte le situazioni? Partiamo da una semplice constatazione: la parola RIDICOLO contiene il termine “RIDI”, poi è tutta una questione di essere o meno permalosi. Nasce tutto da noi stessi: c’è chi trova la soluzione all’anonimato e per un po’ mettendosi in ridicolo, si fa notare qua e là. Una sorta di vittima sacrificale ma consapevole, forse per essere comici ci vuole allenamento, corazza. Esistono d’altra parte due tipi di Clown: Augusto e il così detto Bianco. L’uno (il bianco) autoritario, severo, preciso, in grado di fare (il suo costume tradizionale lo vuole vestito di bianco e col cappello a punta); l’altro (l’Augusto) incapace, pasticcione e stralunato (abiti fuori misura e scarpe giganti). Da soli possono essere in grado di funzionare, ma sono sempre alla ricerca di una spalla o di una situazione che giustifichi la loro presenza e i loro modi di fare. Tornando al “ridicolo”, nella comicità si genera quando si abbassa la guardia anche solo per un secondo e si abbandonano gli atteggiamenti che ci spingono a voler apparire, a tutti i costi, persone “tutte d’un pezzo”, sicure di noi, senza mostrare esitazioni. Rendersi ridicoli svela la propria anima, evidenzia le nostre fragilità, ci espone al giudizio degli altri e non è facile ovviamente (specie in età adulta). Il comico deve essere consapevole di quello che è: quasi sempre, un “vinto” che racconta e mostra disagi e difficoltà, con ironia ed autoironia ed è allora che le debolezze diventano un “in più”.
Non avere sovrastrutture, un comico è un bambino che ce l’ha fatta.
I bambini, non hanno problemi di sorta. Il loro “coraggio” molto più ampio e sconfinato del nostro, viene scambiato per ingenuità o candore ma verità è che ignorano le strutture rigide della società che li circonda, così hanno il cursore dell’improvvisazione al massimo, tempi comici eccezionali e per fortuna, nessun pelo sulla lingua. Da qui al “fanciullino” di Pascoli il passo è breve, ma figuriamoci se vogliamo addentrarci in un così complicato e già battuto argomento. Se invece ignorate del tutto quello di cui sto parlando, rintracciatemi e previo appuntamento sarò lieto di continuare la conversazione. Ogni incontro è fondamentale, magari riesco a trovare qualcuno che lo spiega a me e ci abbiamo guadagnato tutti.
Abbiamo ampia scelta nonostante tutto, professionisti o dilettanti, possiamo giocarci le nostre carte.
La comicità è un atto di altruismo, anche se nessuno elabora fino in fondo questo concetto. Forse ultimamente è più vicino ad un’esaltazione del proprio ego, ma in ogni caso il mondo è tondo e prima o poi farà di nuovo il giro e tornerà al suo posto. In poche parole possiamo scegliere con chi rischiare di essere ridicoli: una figuraccia lascia un ricordo indelebile in una persona, può migliorare la giornata storta di un’altra, può generare una risata a distanza di tempo, può far avvicinare due individui che ne ridono insieme. (Vedi l’umorismo pirandelliano, è la prima cosa che mi viene in mente).
I comici, di oggi e di ieri non fanno tutti questi ragionamenti.
La comicità è tale perché involontaria: se te impegni non sei più comico, sei antipatico (come mezza stand up comedy italiana…ops scusate, mi è scappata un’opinione personale).
Il coraggio dei Giullari Medievali e la fame degli ultimi veri comici.
Generiche conclusioni…