Cinema e videogiochi: un matrimonio che si celebrò ufficialmente – e anche alquanto miseramente, purtroppo – nel 1993, con l’uscita di “Super Mario Bros.”, primo film in assoluto ad adattare per il grande schermo un impianto videoludico preesistente…
Ma c’è da dire che il connubio tecnico ed espressivo fra questi due mondi così diversi dell’entertainment fu possibile solo grazie a una rivoluzione che cominciò nel mezzo degli anni Settanta e che poi sarebbe entrata nel vivo nel corso del decennio successivo, il cui oggetto era l’effettistica speciale computerizzata.
Grazie ad essa entrambi questi media balzarono nel futuro, inaugurando inoltre una fitta rete di scambi reciproci fra l’uno e l’altro (in termini di grafica, narrazione, stimolazione sensibile)… Nel dettaglio, fra le saghe cinematografiche che sono nate da game elettronici, quella di “Resident Evil” va ricordata anche perché produsse un’ulteriore sposalizio (stavolta concreto) fra il regista Paul W. S. Anderson e l’emergente action star Milla Jovovich (la coppia è recentemente tornata in sala con “MONSTER HUNTER”, altro prodotto a sua volta tratto da un videogioco, di cui vi parlo nel mio nuovo video a fine articolo!
MONSTER HUNTER
Incubi bellici, ansia survivalista (fra sete, ferite e terre ignote), body horror citazionista (con bozzoli e pustoloni), scambi da buddy comedy (anche un pochino screwball), fantasmagoriche avventure piratesche (con galeoni che solcano dune ondose di sabbia bianca), furiose battaglie fantasy con creature di un altro mondo (a metà fra Terry Gilliam e la Toho), piccoli stralci di malinconia western: tutto di tutto (e anche di più, nel nome dell’iperbole tamarra) in questa trasposizione di un videogame della Capcom.
Che non sarebbe per niente piacevole se il regista non fosse così abile nel pastiche e nello spettacolo strettamente visivo… I critici si sono tappati il naso, il pubblico ha disertato, ma chi è consapevole di ciò che lo aspetta e non vede l’ora di farci il bagno se la spasserà di sicuro, anche grazie alla sempre elegante e coriacea energia performativa di Milla Jovovich (e a un fine discorso sui mali della guerra che non ha niente di patriottico, perché i soldati protagonisti lavorano per l’ONU), malgrado una narratività che sbraca nel secondo tempo e che demanda l’avvenire a dei sequel che probabilmente non vedranno mai la luce…
Ma lo ripeto: è comunque molto meglio una rozzezza ricercata e ben conscia dei propri limiti che un’ambizione presuntuosa ma inconsistente…
Simone Trevisiol