Una delle cose che più mi affascina del teatro è osservare quanto esso sia aperto ad essere contaminato e, a sua volta, a contaminare tutte le altre arti. Lo possiamo trovare nel cinema, nella musica, nella danza e, pensandoci bene, in qualsiasi altra forma d’arte ci venga in mente. Si sa adattare, si plasma in base al tipo di situazione che gli si presenta davanti, è in grado di diventare qualsiasi cosa uno desideri. Tutto può, potenzialmente, essere teatro. E tra tutti quelli esistenti, il connubio che preferisco è sicuramente quello tra teatro e giocoleria (derivante da una passione personale per quest’ultima). Nonostante non sia sempre stato così, infatti, oggi i numeri di giocoleria che riscuotono maggior successo (soprattutto in occidente), sono quelli dove la performance non si limita ad un mero sbandieramento della perfetta tecnica, ma sono anzi quelli dove quest’ultima viene sfruttata per riuscire a creare un qualcosa che vada oltre ad un’esibizione che ti fa dire semplicemente “Ammazza quanto è bravo questo”.
Sia chiaro, i giocolieri che nell’Ottocento giocolavano con palle di cannone o con fucili, o che facevano girare piattini cinesi mentre stavano in equilibrio su un cavallo, meritano tutto il rispetto, e assistere ad una loro esibizione farebbe rimanere a bocca aperta chiunque; il fatto è però che l’esperienza vissuta dallo spettatore era molto diversa e, a mio parere, molto meno immersiva rispetto a quelle vissute da quando il teatro ha iniziato a contaminare la giocoleria in modo così profondo.
Dei primi esempi di questa contaminazione possiamo trovarli quando i giocolieri fanno il loro ingresso nei teatri di varietà e nasce la cosiddetta “giocoleria da ristorante” (nome abbastanza esplicativo). Queste performance, oltre ad avere una scenografia e dei costumi degni di una qualsiasi rappresentazione teatrale, vedevano spesso raccontata una vera e propria storia attraverso la giocoleria. Un esempio lo troviamo verso la metà dell’Ottocento, quando la compagnia degli Hanlon-Lees si unì al giocoliere Agoust, mettendo in piedi uno spettacolo chiamato Le voyage en Suisse. Per la prima volta si ebbe una “drammaturgia della giocoleria”, poiché si trattava di una vera e propria commedia, con una storia e personaggi ben definiti. Per esempio, durante una scena le persone sedute annoiate al tavolo di un ristorante, iniziano distratte a maneggiare oggetti senza pensarci, per finire poi con il giocolare con tutto ciò che era posto sul tavolo. Un grande ringraziamento lo dobbiamo sicuramente anche al Cirque du Soleil (fondato negli anni ’80 del ‘900), che ha rappresentato una svolta nel modo di concepire una performance circense. Nonostante siano tutti perfettamente preparati dal punto di vista tecnico, è da qui in poi che l’elemento artistico diventa il punto focale dell’intero spettacolo, rendendo in questo modo l’elemento teatrale molto presente. Non è però solo il teatro che viene in aiuto alla giocoleria, ma succede anche il contrario. E questo ce lo dicono anche i più grandi maestri di teatro del ‘900, come Stanislavskij che, da grande amante del circo, per un certo periodo ebbe stretti contatti con una troupe di giocolieri giapponesi in tournée a Mosca, dai quali apprese, oltre alle usanze e ai costumi che utilizzò poi per suoi successivi spettacoli, anche varie tecniche di giocoleria con il ventaglio. Ancora più affascinato, se possibile, da questa arte, fu il regista Mejerchol’d, che pensava addirittura che nelle scuole per attori dovesse essere inserito un training fisico uguale a quello degli artisti di circo, ed utilizzava anche elementi di giocoleria per le sue lezioni di biomeccanica.
E ancora oggi, nelle scuole è presente questa contaminazione: alla FLIC (la scuola di circo di Torino, la più famosa d’Italia), gli allievi seguono anche un percorso attoriale, che insegna loro le basi dell’arte teatrale fondamentale anche per le esibizioni circensi. Anche alla scuola di circo En Piste, a Firenze, nella quale seguo un corso di giocoleria guidato dal maestro Stefano Bocciolini, esercizi di teatro sono all’ordine del giorno, e spesso ci viene richiesto di raccontare una storia utilizzando palline, clave, anelli che, con un pretesto narrativo, possono diventare qualsiasi cosa.
La contaminazione è arrivata ad un livello talmente alto che le arti circensi vengono portante anche dentro ai teatri: un esempio lo abbiamo avuto anche nel 2019 a Firenze, al Teatro Cantiere Florida, con lo spettacolo Collapse di Francesco Sgro, chiaro esempio del perfetto connubio tra varie arti. Lo stesso Sgro infatti afferma
«Vorremmo che questo spettacolo potesse non essere catalogato, rifuggendo le classificazioni tra le arti, per fare del momento scenico e dell’incontro con il pubblico il motivo della sua stessa esistenza. Uno shock per chiunque sia abituato a dire questa non è danza, questo non è circo e questa non è musica. La danza, la musica e la giocoleria sono create contemporaneamente ed ognuna è creatrice dell’altra. Collapse non lavora separatamente le arti ma tratta tutto come se fosse un solo linguaggio, un solo modo di espressione».
Un altro esempio di questo incontro perfetto lo possiamo trovare nella molteplicità di spettacoli offerti ogni anno dal Festival di circo Cirk Fantastik, dove l’elemento teatrale è immancabile. Uno degli spettacoli che mi sento di citare è Tangram, realizzato dal giocoliere Stefan Sing e dalla danzatrice Cristiana Casadio, che unisce danza, giocoleria e teatro fisico, per raccontare una “storia d’amore, sdegno e potere”. Questa contaminazione quindi ormai (fortunatamente) è inarrestabile e il mio auspicio è di continuare a vedere sempre più giocolieri dentro ai teatri e sempre più attori sotto ai tendoni del circo.
Irene Bechi
Veramente interessante mi hai fatto conoscere un modo a me ignoto
Grazie
Sono pienamente d’accordo con voi: le arti circensi in teatro sono un connubio perfetto! Ricordo ancora quando insieme ad un altro collega giocoliere, partecipai ad un musical teatrale dove tra balli e canti erano presenti anche piccoli sketch comici, dove abbiamo usato clavette e palline. Il pubblico rimase sorpreso e apprezzò molto l’idea di fondere le due arti. Anche io spero che più spesso la giocoleria viene portata in teatro, ma desidero ancora di più che questa pandemia finisca presto e i teatri possano essere riaperti.