È il suono delle zampogne a trasportarci direttamente in questo spazio tempo. Da piccola ero convinta che gli zampognari fossero solo napoletani. Questo perché, in effetti, alla fine degli anni ’80 quando scendevo nella mia città natale a passare le feste con le mie nonne e i miei parenti e mamma mi portava in giro in Pignasecca io sentivo questo strumento irrorare per le strade lo spirito natalizio: era come se aiutasse la città e il suo sapore salmastro a vestirsi di rosso per le feste.
Mi inorgogliva mettere i due zampognari davanti alla capanna di Gesù nel presepe perché era come se anche Napoli fosse presente. Gli zampognari per me facevano Napoli più del pizzaiolo che infornava con la pala dentro una delle grotte illuminate intorno alla natività. Eduardo apre così il suo Natale in casa Cupiello, con gli zampognari che suonano sotto alla finestra. Ed è difficile chiarirmi se io associo gli zampognari a Napoli perché a questo mi ha condotto Eduardo o se effettivamente a Napoli gli zampognari sono presenze stabili a Natale e per questo Eduardo li ha omaggiati delegando a loro l’accompagnamento dello spettatore nell’anticamera di casa Cupiello.
Nascere a Napoli basta per definirsi napoletani?
Per me è difficile scindere la Napoli di Eduardo dalla Napoli della mia esperienza perché io ho imparato Napoli attraverso i suoi testi e le sue rappresentazioni. Sono nata a Napoli ma sono stata adottata da Firenze a soli 6 mesi. E benché sia cresciuta a Firenze non mi sono mai sentita fiorentina. Io ho il sangue napoletano. Ma lontano da Napoli come fai a crescere napoletana? Basta la cadenza dei tuoi genitori a insegnarti la musica delle onde del golfo? Bastano le vacanze natalizie o estive passate a casa delle nonna con le zie e i cugini a infonderti la cazzimma (qualità innata certamente ma anche da coltivare adeguatamente in loco). Risposta: no. Napoli non puoi impararla a distanza… a meno che tu non cresca con Eduardo.
Eduardo assorbe Napoli e la restituisce intatta
Eduardo ha in sé quel legame che Napoli instaura con tutti i suoi figli: un amore e un senso di appartenenza che li unisce al di là delle distanze. Ed è stato lui la cura al mio sentirmi apolide. Napoli è un soggetto presente in tutte le sue commedie. La sua produzione trasmette tutta quella napoletanità distillata dalla quotidianità e dagli spaccati di vita vissuta. Eduardo ha vissuto Napoli come Napoli ha vissuto e continua a vivere Eduardo. Vagando per i quartieri spagnoli molto probabilmente incroceremmo dei tipi alla Eduardo, con lo stesso scavo nelle guance, lo stesso modo distaccato di vedere le realtà; come disse Antonio Lubrano in una vecchia intervista “un tipo sofferente, che in qualche modo ha un conto aperto con gli altri e se lo porta scritto in faccia”. Eduardo racconta Napoli con compassione, ma senza compromessi. La osserva con un umorismo sofferto, con deliberato distacco, ne esalta i pregi, ma ne svela anche i difetti, denunciando la situazione di un popolo che, a volte si rialza per continuare a vivere, altre si cela dietro la propria ottusità per non rischiare di doversi assumere delle responsabilità.
Mano nella mano con Eduardo
Eduardo mi ha trasfuso il sangue napoletano ogni volta che è apparso sul mio televisore. Ho imparato la lingua con lui, i modi di fare, i gesti, le intenzioni. Ho imparato la musica delle parole, i suoi suoni onomatopeici, la danza delle facce e delle smorfie. Ho camminato per le strade della mia città anche quando ero lontana e per fortuna l’ho fatto da quando ero ancora una bimba. Io ho avuto una fortuna davvero immensa: la mia maestra Lucia. Lei a 8 anni aprì la porta a Eduardo nella mia vita. La mia maestra a 8 anni mi fece memorizzare e interpretare davanti a tutta la scuola Filumena Marturano. Questa grande donna non solo è riuscita ad indicarmi la strada di casa per tutte le volte in cui mi sono sentita fuori posto, ma ha avuto la lungimiranza di farmi camminare mano nella mano per quella strada col più grande di tutti. Contro la pedagogia dello “gne gne” che propina ai bambini solo cose che riducono nettamente le loro potenzialità cognitive ed emotive, lei ha avuto il coraggio di nutrire una bambina con il teatro di Eduardo.
Piccoli spettatori consapevoli
Ci si chiede cosa sia adatto ai bambini. La bellezza è adatta. Spingeteli verso la Cultura, verso il teatro Vero e non date spazio solo ai cartoni di Peppa Pig. Riaggiornate, rispolverate le vostre memorie di poesie e leggetegliele. E non limitatevi a questo: riguardate insieme ai vostri bambini i quadri di Gauguin o di Kandinsky oltre alle illustrazioni di Altàn (per quanto il valore educativo de “la Pimpa” sia innegabile e indispensabile), ascoltate con loro Mozart, Led Zeppelin, Eric Clapton oltre alle tagliatelle di Nonna Pina. Cominciate adesso. Cogliete l’occasione ora che siamo vicini a Natale per far fare loro un viaggio a Napoli a casa di Luca Cupiello. Chissà che non trovino un posticino al suo tavolo per la cena della vigilia come è successo a me.
Serena Politi